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Docenti assunti fuori provincia, lesi i diritti familiari, affettivi ed economici: ricorsi leciti

Costringere migliaia di docenti precari a spostarsi di provincia o di regione ha rappresentato una seria lesione dei loro diritti familiari, affettivi ed economici.

Ne è convinto il professor Alberto Lucarelli, ordinario di Diritto Costituzionale presso il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli, che nel corso della seconda parte dell’intervista rilasciata alla nostra testata giornalistica, spiega i motivi di legittimità dei ricorsi presentati da diversi di quegli insegnanti immessi in ruolo con la fase “b” della Legge 107/15, assunti in province diverse da quelle dove erano collocati in graduatoria.

Lucarelli ricorda che gli assunti con la “Buona Scuola” avevano in prevalenza più di 40 anni. Ed avevano radicato, di conseguenza, i propri interessi personali nelle province in cui hanno insegnato per anni, sia pure sulla base di contratti a tempo determinato.

Con la “Buona Scuola” sono stati messi di fronte ad un bivio: in tanti hanno accettato, per poi trovarsi su sedi distanti centinaia di chilometri, non di rado su discipline d’insegnamento nelle quali non avevano maturato alcuna esperienza. E questo è accaduto anche per tanti ex precari assunti con la fase “c” del piano straordinario previsto dalla riforma Renzi-Giannini.

Professor Lucarelli, durante la conferenza del 3 novembre alla Camera, lei ha detto: ho preso cuore la vicenda perché rappresenta una lotta di democrazia per i diritti. Quindi, i docenti danneggiati hanno buone possibilità di vedersi accolto il ricorso dal giudice?
Le prime pronunce rese dalla magistratura ordinaria, per lo più in sede cautelare, hanno certamente preso atto dei numerosi profili di illegittimità del piano straordinario di reclutamento e degli esiti cui è pervenuto.
Al contempo, il giudice amministrativo sembra orientato ad apprezzare le questioni di legittimità costituzionale della Legge 107/15 che sono state evidenziate, da più parti, nei giudizi proposti avverso gli atti applicativi della legge.

 

Ma questo basta a giustificare il danno subito dai docenti collocati lontano?

La magistratura non può non prendere in considerazione i gravi pregiudizi subiti dai docenti che, dopo anni di precariato nella scuola pubblica, piuttosto che essere realmente “stabilizzati”, sono stati assunti per insegnare, a centinaia di chilometri dalla propria residenza, materie nelle quali non hanno maturato alcuna esperienza, generalmente in un diverso grado di istruzione. Peraltro, i precari “storici” hanno una età media superiore ai quarant’anni, per cui, per ovvie ragioni anagrafiche, hanno ormai radicato i propri interessi familiari, affettivi ed economici nelle province in cui hanno per anni insegnato, sia pure sulla base di contratti a tempo determinato.

 

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Mi permetta: tutti i docenti assunti su ambiti sapevano, al momento della domanda presentata on line al Miur, che potevano essere collocati su sedi distanti. Questo non è un particolare irrilevante…

Non è questo il punto: il trasferimento coattivo, che i docenti hanno dovuto subire per preservare la loro legittima aspettativa all’assunzione a tempo determinato, ne ha gravemente leso i diritti fondamentali legati alla sfera individuale e familiare e a quella patrimoniale.

Durante il suo intervento a Roma, lei ha parlato della sentenza della Corte di Giustizia europea sul precariato: tuttavia, di recente, la Consulta ha reputato la L. 107/15 ‘riparatoria’, tanto che la mancata assunzione si può sanare con un risarcimento. Allora, non cambia nulla?
La Corte Costituzionale ha individuato nel piano di reclutamento straordinario una possibile risposta al problema del precariato storico. La Corte, però, sembra non aver dato il giusto peso al fatto che i precari della scuola avevano tutti i titoli per essere assunti direttamente e a tempo indeterminato negli organici della scuola, siccome l’iscrizione nelle graduatorie era per legge finalizzata a questo esito. I docenti iscritti in graduatoria non avrebbero dovuto superare alcun ulteriore concorso o prova selettiva, siccome l’avevano già superata e proprio per questo erano stati iscritti in graduatoria. Ritengo, dunque, che ci sia ancora spazio per una risposta più ampia della Corte costituzionale.

L’ultima domanda è sui rimborsi che lei ha auspicato a favore dei docenti obbligati a prendere servizio a centinaia di chilometri da casa: è una proposta praticabile o solo una provocazione?
La previsione di un incentivo economico sarebbe stata una indispensabile misura che avrebbe dovuto accompagnare la previsione di un trasferimento volontario fuori provincia, al fine di rendere allettante una simile prospettiva per quanti si fossero resi disponibili ad accettare la permanenza in una sede lontana dal luogo di residenza.

 

La prima parte dell’intervista al professor Alberto Lucarelli, ordinario di Diritto Costituzionale presso il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli.

 

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Alessandro Giuliani

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