Trova spazio l’emendamento dei relatori al decreto Semplificazione che blocca per 5 anni la mobilità dei docenti neo assunti, prescindendo dal tipo di scuola dove insegnano: le Commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici del Senato hanno infatti approvato la proposta del blocco quinquennale di chi viene immesso in ruolo, estendendolo quindi rispetto a quello finora previsto solo per i docenti degli istituti superiori.
L’emendamento è una modifica ad una procedente norma convertita in legge nel 2016 che riguardava soltanto i professori delle scuole superiori.
Il “vincolo”, in pratica, è stato esteso “al personale docente ed educativo di ogni ordine e grado di istruzione”, e quindi vale anche per i docenti della scuola dell’infanzia, della primaria e della scuola medie. La misura vale “qualunque sia la procedura utilizzata per il reclutamento”.
L’iniziativa non è stata bene accolta dai rappresentanti dei lavoratori: secondo la leader della Cisl Scuola, Maddalena Gissi, si mettono “confusamente assieme vincoli di natura diversa, alcuni di fonte legislativa, altri di fonte contrattuale”.
“Da qui la necessità – continua Gissi – di fare subito chiarezza, anche per fugare il sospetto che siano proprio le relazioni sindacali a essere considerate oggi un fastidioso elemento di disturbo all’ordinato svolgimento dei processi di decisione, e non un fattore di arricchimento”.
Alla base della decisione dei promotori dell’emendamento, ci sarebbe soprattutto la volontà di agevolare la continuità didattica: che questa possa “affermarsi semplicemente con l’introduzione di vincoli temporali più o meno lunghi, ci sarebbe molto da discutere”, ribatte la Gissi.
“Molto più produttivo, tanto per fare un esempio, sarebbe un deciso impegno a eliminare o ridurre al minimo la precarietà del lavoro, fonte di inevitabile e irrimediabile discontinuità”.
La Cisl, quindi, propone che il problema si risolva con “la regolazione per via contrattuale”.
Dello stesso avviso si è detto Pino Turi, segretario generale della Uil Scuola, per il quale “l’obbligo, generalizzato per legge, di permanenza di cinque anni sul posto assegnato, è frutto di propaganda e demagogia, di chi la scuola non sa neanche cosa sia. Poi la propaganda si sgonfierà, come è già stato in passato, e resteranno i problemi”.
“Tra emendamenti e relazione tecnica – ha aggiunto – si è creato un groviglio normativo. La continuità didattica è un valore condiviso che non si raggiunge con i divieti e gli obblighi, studenti e famiglie lo sanno bene, ma con strumenti contrattuali che hanno dimostrato di essere molto più efficaci dei divieti che portano ai contenziosi”.
Ci auguriamo un chiarimento con il ministro sulle reali intenzioni di questo governo che non può non partecipare alle scelte, anche parlamentari, che si intendono operare sulla scuola. E’ una responsabilità politica – ha continuato Turi – presa anche in coerenza con il confronto avviato positivamente con il sindacato”.
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