È finito il tempo del docente che per tutta la vita professionale insegna la stessa disciplina, nello stesso corso di studi e magari nello stesso istituto scolastico.
Con gli accorpamenti delle classi di concorso, che non sono affatto terminati, molti insegnanti italiani si ritroveranno a mutare con molta più facilità la disciplina d’insegnamento. E anche scuola, visto che una volta finiti negli ambiti territoriali perderanno la titolarità su posto e si esporranno a trasferimenti periodici.
A sottolinearlo è stato Alessandro Giuliani, direttore della Tecnica della Scuola, nel corso della trasmissione “L’angolo del direttore”, andata in onda il 3 aprile su Radio Cusano Campus.
Sollecitato sulla notizia, di fonte sindacale, riguardante l’intenzione del Miur di procedere con ulteriori accorpamenti delle classi di concorso, che superano quelle approvate in via definitiva dal CdM nel febbraio 2016, il giornalista ha detto che “dobbiamo sempre abituarci a docenti chiamati ad insegnare materie diverse, anche dai propri dirigenti scolastici che possono all’occorrenza pure collocarli sul potenziamento: purtroppo è un processo sempre più spinto”.
“Tuttavia, cambiare classe di concorso significa che un insegnante può essere chiamato ad impartire delle conoscenze e competenze non sempre in linea con gli studi svolti”, ha sottolineato il direttore.
Ci sono tantissimi esempi che supportano questa anomalia. Come quello dei docenti di Scienze della Terra (ex classe di concorso A060), promossi all’occorrenza (grazie alle cosiddette “confluenze”) ad insegnare Geografia (ex A039).
Oppure ci sono i laureati in Pedagogia, Sociologia, Scienze Politiche e Psicologia (ex A036) convogliati nei licei per impartire lezioni di filosofia al liceo (ex A037) e non importa se poi all’università hanno studiato la disciplina solo attraverso un misero esame. Con ovvie difficoltà per loro, che non possono di certo improvvisarsi cultori di Aristotele e Nietzsche. E anche per gli alunni, che si ritrovano un prof senza adeguata preparazione.
“Sicuramente c’è affinità con le proprie conoscenze, ma non di rado – ha detto il nostro direttore responsabile – il docente ha svolto sulla nuova disciplina, affidatagli quasi sempre in modo coatto, solo uno o due esami universitari. Senza aver mai approfondito la materia. Così, per forza di cose, questi prof si ritrovano improvvisamente costretti a ad avvicinarsi alla nuova materia attraverso dei corsi di formazione. I quali, possono essere svolti autonomamente presso enti certificati e pagati con i 500 euro dell’auto-aggiornamento annuale”.
Dalla redazione di Radio Cusano Campus, hanno quindi chiesto a Giuliani se questa procedura può aiutare il Ministero dell’Istruzione a risparmiare dei soldi: “la risposta è affermativa, perché in questo modo si riescono a ‘piazzare’ con maggiore facilità, sui posti liberi, i docenti che annualmente perdono posto e titolarità”, ha replicato il direttore.
“La soluzione, ovviamente, non è a vantaggio della qualità della didattica e degli stessi alunni. Che si ritrovano docenti non abilitati nella disciplina, né sono particolarmente ferrati nel nuovo insegnamento. Ma il processo è in atto già da alcuni anni e, con la scuola dell’autonomia ma soprattutto a seguito dell’attuazione della Legge 107/15, con il tempo tenderà ad ampliarsi”, ha concluso Giuliani
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