Da un po’ di tempo le notizie dei quotidiani e portali di informazione si sono riempite di processi docenti, amministrativi e pure a dirigenti scolastici: le accuse vanno dalla inosservanza delle più elementari norme di sorveglianza sino agli abusi sessuali. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una vera a propria escalation di articoli e servizi giornalistici incentrati sul docente o preside “deviato” che approfitta del ruolo per soddisfare piaceri personali. L’apice del processo mediatico si è raggiunto qualche settimana fa, con l’accusa alla preside del liceo Montale di Roma di avere portato avanti una relazione con uno studente (maggiorenne, peraltro) con tanto di pubblicazioni di conversazioni tra i due.
Di contro, non sembrano più trovare altrettanto spazio tra i media i fatti riguardanti le non meno gravi prevaricazioni e offese, a volte pure violenze, che studenti e famiglie attuano nei confronti degli insegnanti. Evidentemente, la loro sistematicità nel tempo ha raggiunto un livello tale da non fare più notizia. Per noi che ci occupiamo e scriviamo di scuola si tratta di un fenomeno sempre più evidente.
Tra le pessime tendenze che stanno prendendo il sopravvento figura quella della denuncia in tribunale del comportamento dei docenti. Sempre più famiglie, a “spada tratta”, si vestono da sindacalisti incalliti dei figli-alunni e vanno dal giudice ormai anche per motivazioni banali: per un voto troppo basso o per una parola di troppo, per avere alzato troppo il tono della voce o perché si sono permessi di parlare della sfera personale dei loro alunni. Con la DaD, poi, i motivi si sono moltiplicati.
Ma alla lunga si scopre che le accuse non corrispondono ai fatti reali. Oppure sono ingigantite. Addirittura, in certi casi, prodotte a distanza di anni. E anche queste prive di fondamento. Come il maestro di una scuola primaria lombarda finito alla sbarra per difendersi dalla terribile accusa di avere abusato sessualmente di una sua studentessa.
Gli accertamenti della Procura non hanno portato in queste ore “all’acquisizione di alcun elemento di riscontro“, mentre le indagini difensive hanno delineato “un quadro ben diverso da quello esposto nella denuncia” presentata tre anni fa dalla madre della ragazza, ora ventenne.
A 17 anni compiuti, la giovane aveva raccontato di tre episodi di molestie da lei subiti a scuola quando aveva 8 anni, quindi ben nove anni prima.
Il giudice non solo ha archiviato il caso, ma come hanno chiesto i legali del maestro, ha trasmesso gli atti ai pm minorili affinché procedano per calunnia.
La giovane, hanno detto, “quasi maggiorenne, era certamente pienamente consapevole che esse avrebbero provocato l’apertura di un grave procedimento penale nei confronti della persona accusata e ha avuto molte occasioni per ritrattare”.
La vicenda riporta alla mente il caso di una quindicina di anni fa della scuola dell’infanzia “Olga Rovere” di Rignano Flaminio, con delle accuse pesantissime – violenza sessuale di gruppo – mosse da un gruppo di genitori – a seguito del comportamento strano dei loro piccoli – nei confronti di alcune maestre e una collaboratrice scolastica. Il processo è andato avanti fino alla Cassazione, che non molto tempo fa ha assolto tutti gli indagati rilevando “una forte e tenace pressione dei genitori sui minori”, confermando anche le posizioni del primo processo e dell’appello.
Preso atto di un disagio nei figli, accostando i comportamenti anomali con le insoddisfazioni per i loro docenti, troppe famiglie si fanno prendere da una incontenibile intransigenza e sete di giustizia. Peccato che si tratti di castelli di sabbia.
Nel frattempo, il docente-mostro (che ne è rimasto del maestro intoccabile e venerato del dopoguerra?) viene sbattuto in prima pagina. E servono anni, non meno di una decina, per dimostrare che erano solo calunnie.
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