Gli stipendi degli insegnanti sono gli stessi in tutte le regioni d’Italia, ma al Sud, dove la vita è meno cara, un docente guadagna quasi il doppio di un collega che lavora al Nord. A sostenerlo è Simonetta Rubinato, trevigiana, ex parlamentare Pd e fondatrice nel 2017 del comitato Veneto Vivo per il Sì all’autonomia.
Di Maio: gli stipendi non si possono differenziare
Le parole della Rubinato giungono come replica alle affermazioni odierne del vicepremier Luigi Di Maio, secondo il quale la scuola non si può regionalizzare perché “il solo concetto di permettere a un bambino che si iscrive nella scuola di una regione di trovarsi docenti che guadagnano in maniera diversa, stabilisce che quel bambino è colpevole di essere nato in una regione e non in un’altra”.
Rubinato: un insegnante al Nord paga il 40% in più solo per la casa
La replica della Rubinato è immediata: “Ma lo sa il vicepremier che un insegnante a Reggio Calabria guadagna oggi quasi il doppio, in termini di potere d’acquisto, di uno a Milano? Non lo dico io, lo dice Tito Boeri”.
“Nel pubblico impiego le retribuzioni sono infatti uguali (non altrettanto i livelli di efficienza), ma un insegnante al Nord paga il 40% in più solo per la casa”, conclude la politica veneta.
Il problema è più complesso di quello che sembra
Senza volere entrare nel merito della diatriba politica, ci preme solo far notare che è fuori di dubbio che a Milano, non solo per la casa, il costo della vita sia altissimo, più che a Parigi, e quindi un docente con 1.300 euro viva con evidenti difficoltà. Allo stesso modo, è pacifico dire che a Caltanissetta o a Taranto fare l’insegnante è molto più agevole, se si pensa che l’affitto o l’acquisto di un appartamento, ma anche delle zucchine e dei pomodori, è inferiore alla metà di quello di quello che si deve pagare nel capoluogo lombardo.
Il quadro però si complica non poco quando si vanno ad esaminare le “vie di mezzo”: come la mettiamo a Forlì o a Vicenza o a Lodi, città del Nord, una anche del Veneto, dove la vita è molto meno cara che a Milano ma un po’ di più che a Caltanissetta o a Taranto?
Inoltre, come si gestisce il problema in città turistiche, come Olbia, dove per otto mesi l’anno gli affitti sono relativamente bassi e da maggio a settembre compresi si quintuplicano?
E, per finire, la vita di un cittadino non si limita solo all’affitto di un appartamento, ma prevede anche l’utilizzo, anche a pagamento, di una serie di altri servizi. Che spesso al Nord sono molto differenti, ma la regola non è assoluta.
Il problema, evidentemente, è molto più complesso di quanto si voglia far pensare.