La “bacchettata” del ministro Fedeli ai docenti, la prima del suo mandato, non sembra avere avuto effetto.
Nella stessa giornata in cui il responsabile del Miur chiede di non utilizzare linguaggi fuori luogo, soprattutto per un formatore – come descrivere i trasferimenti dei prof delle ‘deportazioni’ o il conferimento di maggiori poteri ai dirigenti l’accostamento agli ‘sceriffi’ -, il movimento dei Nastrini rossi torna a parlare di algoritmo e trasferimenti continuando ad utilizzare proprio le parole additate dal ministro Fedeli.
“Si continua a calcare la strada della mattanza sociale con noi professori da sempre precari, per la quasi totalità donne di 45 anni, cui oggi lo Stato chiede di scegliere tra famiglia e professione”, sostiene Francesca Marsico, portavoce dei Nastrini rossi, movimento nato in difesa dei docenti del Sud assunti con la riforma della ‘Buona scuola’ ma trasferiti in scuole del Nord.
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“Noi siamo ben consapevoli – spiega – che nonostante le cattedre al Sud ci siano, solo un 30% di noi, circa settemila e 500 su 25mila professori deportati al Nord, potrà svegliarsi da questo incubo chiamato piano straordinario ‘la buona scuola'”.
Secondo la Marsico, “gli altri 17mila e 500 resteranno al Nord e questa volta senza la possibilità di avvicinamento a casa, nonostante le opportunità lavorative vi siano tutte e ancora oggi molti dirigenti, anche del meridione, sono in cerca di insegnanti e in classe lavorino docenti privi di qualsiasi abilitazione”.
“La nuova contrattazione tra Miur e sindacati, deve essere un momento di sintesi e buon senso per tutti: con i nostri nastrini rossi ai polsi incarniamo ormai il riscatto delle genti del Sud”, conclude Marsico.
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