L’83% del corpo docente italiano è costituito da donne: parliamo di 700 mila dipendenti “rosa”, che rappresentano la più ampia categoria di lavoratrici del pubblico impiego, retribuite vergognosamente e collocate al lavoro senza alcuna tutela per la prevenzione di quelle malattie professionali che nel comparto scolastico presentano percentuali altissime e purtroppo in forte crescita. A ricordarlo è Vittorio Lodolo D’Oria, medico esperto in malattie professionali degli insegnanti.
Attraverso un interessante contributo pubblicato su LabParlamento, l’esperto di burnout nella scuola ricorda che al docente italiano – in otto-nove casi su dieci donna – continua ad essere riservata “una retribuzione miserrima (ultimi in Europa) che, a scanso di equivoci, conferma il refrain economico del ‘vali poco, ti pago poco’”; si negano le “tutele di legge (art. 28 DL 81/08) quali il riconoscimento e la prevenzione delle malattie professionali” confermando una società solo “a parole attenta alla parità di genere, alla violenza sulle donne, ed ai femminicidi”; non si rendono note “le reali malattie professionali della categoria, ritenendo che queste sono solo e semplicemente le disfonie (laringiti, corditi)” e in ogni caso “non è attuata alcuna prevenzione né per le disfonie, né per le più frequenti patologie professionali che risultano essere psichiatriche e neoplastiche”.
Il paradosso dei paradossi è probabilmente quello dell’uscita dal lavoro: Lodolo D’Oria ripercorre “le riforme previdenziali attuate (quattro nel giro di vent’anni: 1992-2011)” ricordando che sono state “realizzate ‘al buio’, cioè senza effettuare a monte alcuna valutazione della salute professionale della categoria. Si passa così da un estremo all’altro: dalle baby-pensioni ai 67 anni prima di potersi ritirare a vita privata”.
Con il risultato che “le ripercussioni sulla salute della categoria” sono state evidenti e tutte in negativo: “dagli studi epidemiologici a disposizione emerge un drastico aumento delle diagnosi psichiatriche (dal 31 all’82%) nelle inidoneità lavorative per motivi di salute. In altre parole, l’allungamento dell’età lavorativa è direttamente proporzionale all’incidenza delle malattie professionali, ma basta ignorare il dato e la riforma passa sottotraccia realizzando l’ennesimo paradosso che si aggiunge al mancato riconoscimento istituzionale delle patologie e alla loro prevenzione”.
Dopo avere ricordato perché “la speranza trae origine dalla lingua latina che, attraverso l’etimologia, ci riconduce all’essenza del nostro agire richiamando la fondamentale collaborazione scuola-famiglia”, il medico esperto di malattie professionali lancia una appello al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara: “è professore universitario di Diritto Romano, conosce perfettamente il latino, e nel lontano gennaio 2011 presentò una interrogazione parlamentare al MIUR chiedendo di affrontare tempestivamente il preoccupante problema del forte logoramento psicofisico degli insegnanti”.
Lodolo D’Oria dice di “aspettarsi da lui un intervento in controtendenza rispetto ai suoi predecessori è più che legittimo anche alla luce del fatto che mi ha chiesto come poter intervenire a salvaguardia e tutela della salute della categoria docente. E perché finiscano i paradossi nella scuola, buon lavoro a ministro, politica e sindacati”.
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