Professori sui social network? Sì, no, forse. Ogni volta che si parla dell’utilizzo dei social network per i docenti delle scuole italiane ne scaturiscono dibattiti e polemiche. In Germania, ad esempio, nel 2013 – riporta La Stampa, si è deciso di vietare ai prof di avere alunne e alunni tra le loro amicizie su Facebook.
Non solo il social network, ma anche Whatsapp, il più noto servizio di messaggistica al mondo, è nel mirino, ormai uno strumento presente nelle vite della stragrande maggioranza delle persone. Sono nati i famigerati gruppi tra i genitori, molto spesso criticati. E i docenti? Giusto che il numero di telefono personale del prof è a disposizione di tutti, si può dialogare con lui o con lei 24 ore su 24. È giusto? È sbagliato?
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DUE PARERI A CONFRONTO – Profondamente sbagliato, secondo Arianna Vennarucci, professoressa di storia e filosofia del liceo classico Giulio Cesare di Roma. “Ritengo che la distanza quando si è docenti possa essere un elemento formativo. Per gli studenti siamo figure che quasi non dovrebbero avere una vita. Siamo modelli, esempi di comportamento. Su Facebook è quasi inevitabile condividere materiali e opinioni di tipo personale. Diventa dannoso per il rapporto con i propri studenti, che si alimenta anche di un’aura tutta particolare. In casi di emergenza possono di sicuro utilizzare il mio numero di telefono, ma non è formativo avere un gruppo WhatsApp, con loro. Non siamo gli amici dei nostri studenti, siamo i loro professori. E tali dobbiamo rimanere”.
“Mi ritengo un pasdaran dell’uso delle tecnologie”, afferma Paolo Fasce, professore di ruolo di matematica applicata e informatica all’I.S. Einaudi Casaregis Galilei di Genova. “Ma le tecnologie non sono pillole magiche, sono strumenti nelle mani dei prof. Un esempio? Paolo Fasce ha un gruppo WhatsApp con i suoi studenti, e lo usa in modo formativo. “Banalmente – racconta – qualche giorno fa uno studente ha scritto “un’amico” con l’apostrofo. Gli ho spiegato la regola. Ho corretto un solo studente ma nella chat ci sono 25 studenti e la spiegazione è toccata a tutti”. Secondo Fasce, il professore in chat con i suoi studenti può servire molto anche nella lotta contro il cyberbullismo e nel corretto uso delle tecnologie: “Se genitori e insegnanti si ritirano da questo genere di interazione è più facile che gli studenti subiscano modalità di relazione non appropriate”.
I DIRIGENTI SCOLASTICI – Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Presidi: “Non sono un proibizionista in materia di social. Come tutti i nuovi mezzi di comunicazione vanno usati con intelligenza e parsimonia professionale. Rendono i contatti più rapidi, ma si deve evitare di farsi prendere la mano e lasciare che intervengano modi troppo confidenziali. Non si deve essere amici dei propri studenti, si deve riuscire a mantenere sempre il rigore professionale necessario”.
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