Precariato, stipendi, docenti orientatori, finanziamenti per l’Istruzione, rinnovo del contratto 2022/24, riforma degli istituti tecnici e professionali, Agenda del Sud: sono alcuni degli argomenti chiave che nel tardo pomeriggio di giovedì 21 settembre sono stati trattati dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, con le organizzazioni sindacali della scuola e delle Confederazioni per fare il punto sull’avvio dell’anno scolastico. La Tecnica della Scuola ne ha parlato con Ivana Barbacci, segretaria generale Cisl Scuola.
Barbacci, di cosa avete parlato con Valditara?
Sono stati diversi i punti affrontati. Uno di quelli nevralgici è sicuramente il precariato: il ministro dell’Istruzione ha preso atto che i dati sono più lusinghieri rispetto al 2022 ma il problema non è stato risolto. Serve più pregnanza per le immissioni in ruolo, a partire dalle specializzazioni su sostegno. Anche perché se i posti destinati al Pnrr sono archiviati con i concorsi, per gli altri posti avanzati, pure quest’anno dalle immissioni in ruolo saltate, servono provvedimenti ad hoc.
Avete affrontato la questione del rinnovo del contratto di categoria?
Sì. Preso atto che nelle ultime due Leggi di Bilancio non sono stati destinati soldi per il Ccnl 2022/24, abbiamo chiesto un impegno importante del Governo con la prossima Finanziaria: Valditara si è dimostrato disponibile, anche come garante, sulle proposte per il 2024 così da avviare almeno la trattativa per il rinnovo contrattuale.
Uno dei temi “caldi” è la dispersione scolastica, anche a livello Ue: se ne è parlato?
Sulla partita dei docenti tutor e orientatori, determinanti per ridurre l’abbandono dei banchi e che lascia alto il numero dei giovani che non arrivano al titolo di studio, abbiamo chiesto che sia mantenuto nel tempo. Anche su questo punto, il Ministro si è detto disponibile, ora si tratta di verificarne la fattibilità e le coperture.
E sulla distanza di competenze tra studenti del Nord e del Sud?
Come Cisl Scuola abbiamo chiesto un intervento mirato sull’Agenda per il Sud, perché merita un approfondimento a parte: è una sfida che va colta, ma serve un investimento nel territorio, coinvolgendo quindi enti e istituzioni locali, poiché l’investimento con la sola scuola protagonista non può reggere.
Qualcosa è stato detto sul nodo dei finanziamenti rispetto al Pil, in Italia già ridotti, e che rischiano di assottigliarsi ancora?
Entrambe le parti concordano su un punto: mai come oggi sarebbe opportuno che i costi per la Scuola e l’Istruzione in generale vadano estrapolati dal Patto di Stabilità. La proposta è stata fatta già dal Ministro, ma in ambito europeo non avrebbe avuto seguito. Quindi, da questo punto di vista la vediamo dura.
Sugli organici di docenti e Ata cosa dobbiamo aspettarci?
Innanzitutto almeno il mantenimento degli attuali numeri, malgrado la riduzione importante degli alunni. Poi abbiamo detto che c’è bisogno di una vera integrazione dell’organico del personale Ata: quello di poche migliaia approvato di recente e per soli due-tre mesi è un pannicello caldo. Invece servono più posti aggiuntivi Ata, da inserire in organico di diritto, quindi da considerare in modo stabile.
E delle riforme in atto avete parlato?
Si è fatto riferimento alla sperimentazione che si intende fare per gli istituti tecnici e professionali, che passerebbero da cinque a quattro anni. Il Ministro sostiene che su questa operazione vi è consenso. Noi, come Cisl, abbiamo una posizione attendista: apprezziamo il metodo, perché la riforma viene sperimentata e condivisa, e quindi si potrebbe modificare il percorso. Inoltre, come è scritto nel decreto, tempo scuola e organici rimarranno immutati. Resta da capire cosa accadrà sul piano pratico.
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