La tecnologia ed i relativi supporti sono oramai in mezzo a noi e ci agevolano l’esecuzione di numerose attività giornaliere. Ricerche, compiti, monitoraggio; tutto è condotto attraverso un algoritmo il quale registra i dati e ne permette fruizione e visualizzazione. La formazione, anche intesa come DAD (ampiamente discussa) ha beneficiato del digital. Come osservava Jan Hearth nei suoi 200 tools for learning, sono state in principio le discipline umanistiche a fare utilizzo dei supporti elettronici.
L’abuso e l’utilizzo scorretto da parte delle nuove generazioni tuttavia preoccupano docenti e famiglie; da un lato si manifesta sempre un più continuo e crescente calo attentivo e di interesse, mentre dall’altro tale dipendenza comporta vere e proprie situazioni di tragico isolamento: numerosi studenti restano vulnerabili a tale dinamiche e spesso alcuni malintenzionati adottano strategie per condurre cyber-bullismo a danno dei più deboli. Associazioni di studenti, docenti e famiglie hanno puntato il dito, per tali motivazioni e situazioni, contro i colossi del web: primi tra tutti Meta, la rinominata piattaforma che ha in mano alcune applicazioni di messaggistica istantanea e social networks che utilizziamo quotidianamente. È accaduto in Canada, ma anche negli USA si ipotizzano azioni legali.
Quattro dei più grandi consigli scolastici canadesi hanno avviato una causa multimiliardaria contro le società di social media Meta, Snap Inc e ByteDance, accusandole di agire in modo “arrogante, sconsiderato, dannoso e riprovevole” con prodotti che i consigli sostengono siano dannosi per l’apprendimento degli studenti ed “interessare da vicino” il modo in cui gli studenti pensano e ragionano. Mercoledì scorso i quattro consigli distrettuali – Ottawa-Carleton, Toronto, Peel e Toronto Catholic – hanno presentato quattro distinte istanze di reclamo alla Corte superiore di giustizia dell’Ontario.
“L’azione legale sostiene che i prodotti dei social media, progettati negligentemente per un uso compulsivo, hanno riprogrammato il modo in cui i bambini conducono attività intellettuali, si comportano e apprendono, lasciando agli educatori e alle scuole il compito di gestire le ricadute”, hanno affermato i consigli in una nota, aggiungendo che le società hanno utilizzato “sfruttamento di apposite pratiche commerciali” e ha scelto di “massimizzare i profitti” invece di concentrarsi sulla salute mentale e sul benessere degli studenti. Negli ultimi anni, gli educatori hanno trascorso una quota crescente del loro tempo in classe cercando di convincere gli studenti a concentrarsi e, in situazioni difficilmente gestibili, a concentrare i dispositivi, hanno affermato i comitati. Danno la colpa alla natura avvincente dei social media e di app come Instagram, TikTok e Snapchat che, secondo loro, hanno portato anche a un picco recente di cyberbullismo e problemi di salute mentale.
Per compensare i crescenti costi amministrativi delle conseguenze, così come lo stress accumulato dal corpo docenti con evidente deformazione professionale, i consigli di amministrazione hanno richiesto alle aziende citate in giudizio 4,5 miliardi di dollari canadesi (3,3 miliardi di dollari americani). La causa è la prima del suo genere in Canada, ma segue sforzi simili negli Stati Uniti in un contesto di crescente preoccupazione per gli effetti sullo sviluppo dei social media sui giovani utenti. In una dichiarazione Snap ha affermato che la piattaforma è stata “intenzionalmente progettata per essere diversa dai social media tradizionali” in modo che gli utenti possano comunicare con gli account ritenuti amici.
“Anche se avremo sempre più lavoro da fare, siamo contenti del ruolo che Snapchat gioca nell’aiutare gli amici più stretti. Sentirsi connessi, felici e preparati mentre affrontano le numerose sfide dell’adolescenza”, ha affermato la società. Meta e ByteDance non hanno risposto immediatamente alle richieste di presentarsi, ma stanno preparando ricorso legale. Ricordiamo che inoltre Meta-Facebook è stata sanzionata in Europa con una maxi-multa da 1,2 miliardi di euro per non aver ottemperato al regolamento europeo sulla riservatezza lo scorso 23 maggio 2023, pratica che ha coinvolto anche i giovani utenti.
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