Sembra esserci una novità rilevante sulla gestione dei casi di aggressioni dei genitori ai docenti e ai dirigenti scolastici: se fino qualche settimana fa prevalevano gli atteggiamenti di indulgenza, al boom di casi degli ultimi giorni, a ridosso degli scrutini di fine anno scolastico, ha fatto seguito una maggiore propensione alla denuncia formale dei fatti accaduti ai carabinieri o alla polizia di Stato.
Dopo il caso di Roma, dove un genitore inviperito per la bocciatura del figlio 15enne è andato a scuola a chiedere spiegazioni mandando all’ospedale un docente con un trauma cranico e alla schiena e un principio di soffocamento, con denuncia finale dell’accaduto, negli ultimi giorni si sono registrati altri casi, tutti terminati tutti con esposti in procura.
A Treviso, mercoledì scorso un genitore si è recato a scuola, subito dopo avere appreso della mancata ammissione del figlio all’anno successivo: entrato nell’istituto ha inveito a lungo contro i docenti, fino a che il dirigente ha chiesto l’intervento dei carabinieri.
Poi ci sono stati due casi analoghi in provincia di Milano. Il primo episodio, scrive l’Ansa, è avvenuto nella serata di giovedì 14 giugno a Gorgonzola, a nord-est del capoluogo lombardo, dove un albanese di 50 anni ha telefonato a una professoressa dell’istituto professionale minacciando di ucciderla perché, a suo dire, è l’unica responsabile della bocciatura del figlio 16enne.
La mattina successiva, il preside è stato informato di quanto accaduto e ha immediatamente segnalato l’episodio ai carabinieri della stazione locale. Nel pomeriggio l’uomo è stato individuato e quando i militari si sono presentati a casa sua ha ammesso le responsabilità, si è detto dispiaciuto per il proprio comportamento e si è offerto di chiedere scusa alla docente. Ciò non lo ha salvato, però, dalla denuncia per minacce aggravate.
La sera di venerdì 15 giugno, nell’istituto scolastico Ronchetti di Pogliano Milanese, stavolta nell’hinterland nord-ovest di Milano, un italiano di 53 anni ha spintonato e minacciato una insegnante dopo aver scoperto che il figlio di 13 anni era stato bocciato. L’uomo si era presentato alla scuola primaria di secondo livello per ritirare la pagella ma ha appreso della mancata promozione del ragazzino ed è andato in cerca della docente che riteneva responsabile. Quando l’ha incrociata tra i corridoi dell’istituto l’ha afferrata per il braccio insultandola, l’ha spintonata e minacciata ripetutamente.
L’aggressione, riferisce sempre l’agenzia di stampa, è durata diversi minuti, i carabinieri del nucleo radiomobile della stazione di Nerviano lo hanno trovato ancora intento a urlare contro la donna che ha rifiutato il trasporto in ospedale. Il genitore è stato comunque denunciato d’ufficio per minacce e percosse.
L’impressione è che il dilagare degli episodi degli ultimi giorni abbia creato una “stretta” sulle decisioni dei presidi. Nel senso che se prima la tendenza era quella di tollerare il più possibile le ingerenze di genitori e studenti, arrivando anche a fare autocritica pur di giustificare le esplosioni di rabbia degenerate in vere e proprie violenze fisiche, ora il vento sembra cambiato.
A contribuire sull’atteggiamento più severo dei dirigenti e della scuola in generale, sono state anche, probabilmente, le dichiarazioni del nuovo ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, che in settimana ha detto che “le aggressioni nei confronti dei docenti, del personale della scuola tutto, sono atti da condannare sempre duramente. Davanti a tutto questo vogliamo reagire e lavorare per ricreare un clima di serenità, per mettere la scuola in condizione di concentrarsi maggiormente sulla gestione del rapporto con le famiglie”.
Anche l’Anp, il maggiore sindacato dei presidi, attraverso Anp, che Mario Rusconi, presidente della sezione Lazio, ha ribadito la linea dell’intolleranza, riproponendo “la necessità di interventi sempre più decisi da parte delle autorità giudiziarie che sanzionino questi comportamenti violenti e intollerabili in una società civile”.
“Grave – ha continuato Rusconi – non è solamente l’aggressività che si scatena contro il personale della scuola, ma anche il pessimo esempio che alcuni genitori irresponsabili offrono ai loro figli smentendo il messaggio educativo che la scuola ogni giorno si sforza di proporre con impegno e fatica”.
Anche il presidente nazionale Anp è intervenuto, Antonello Giannelli, sostenendo che gli iscritti al sindacato danneggiati dai genitori dovrebbe “costituirsi parte civile”.
A vario titolo, anche i sindacati dei docenti, come la Gilda e l’Anief, hanno rivendicato la linea della tolleranza zero, perché dinanzi a certi episodi, palesemente gravi, non c’è da attendere alcuna denuncia della parte lesa: chi picchia un pubblico ufficiale va arrestato. E l’avvocatura dello Stato deve chiedere i danni. La nuova linea è chiara: chi offende o picchia un pubblico ufficiale commette un reato, con tutte ciò che ne consegue a livello penale.
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