Politica scolastica

Docenti e presidi, aumenti salariali in arrivo. Il piano del governo Gentiloni

Il governo è al lavoro per la Legge di Bilancio 2018. Si tratta di un provvedimento molto atteso, dato che sarà l’ultimo atto di un certo rilievo dell’esecutivo Gentiloni prima delle elezioni politiche del 2018. Tante le novità per la scuola con il PD che tenta di recuperare terreno mettendo mano ai contratti dei docenti e dei presidi.

Previsti, infatti, degli aumenti. Misure che dovrebbero riguardare soprattutto 7mila presidi, che percepiscono mediamente non più di 58mila euro all’anno: sono tra i dirigenti meno pagati nella Pubblica amministrazione. Per tentare di colmare la lacuna retributiva il governo lavora a un’ipotesi di intervento in vista della manovra che sarà approvata tra una decina di giorni.

LA PROPOSTA

Secondo indiscrezioni giornalistiche, rilanciate da Il Gazzettino, si parla di un primo stanziamento da 90-95 milioni di euro.

Il blocco degli stipendi ha penalizzato soprattutto il personale scolastico, in particolare il quello tecnico e amministrativo, gli Ata, che possono contare su uno stipendio base di soli 22 mila euro all’anno. Stesso discorso vale per i professori e i presidi.

Già nei mesi scorsi la ministra Fedeli si era impegnata a pagare di più coloro che lavorano nel mondo della scuola, che “ingiustamente” – aveva detto – ricevono di meno rispetto agli altri.

La dote ipotizzata può garantire aumenti minimi, ma secondo il ministero è indice comunque di un segnale di attenzione nei confronti del personale della scuola e soprattutto si andrebbe a sommare all’aumento da 85 euro in arrivo con il rinnovo del contratto a cui lavora la ministra Marianna Madia. Quest’ultimo riguarderà ovviamente sia gli insegnanti che i presidi. Mentre lo “scatto” aggiuntivo da inserire nella prossima legge di bilancio dovrebbe toccare solo i vertici scolastici.

I PRESIDI

Dirigono e amministrano le scuole, ma le paghe sono inadeguate. I dirigenti scolastici, ormai, sono dei veri e propri manager: dall’organizzazione della didattica alla sicurezza degli edifici. Dal 1998 sono diventati veri e propri dirigenti della Pa, ma a un carico di oneri sempre più pesanti non sono corrisposti altrettanti onori. Carichi di lavoro impressionati e risorse esigue.

Le scuole in Italia sono circa 8.700 di ogni ordine e grado per quasi 8 milioni di studenti. I presidi in forze negli istituti, ad oggi, sono circa 7 mila. Ne mancano all’appello migliaia. E così le scuole vanno avanti grazie alla reggenze. In Italia infatti ci sono circa 1.700 scuole in reggenza: significa che un dirigente scolastico di ruolo nella sua scuola si vede affidare un’altra scuola, in reggenza appunto.

Diventando così un dirigente a “mezzo servizio” che necessariamente non riesce ad essere presente in entrambe le scuole, senza contare che un istituto comprensivo può raggruppare in sé molti plessi scolastici (strutture diverse) e quindi un preside reggente in tutto si ritrova a che fare con 12 plessi di media,  considerando le due scuole che dirige, con picchi che arrivano fino a 20 plessi per preside.

A mettere fine alla pratica delle reggenze dovrebbe arrivare a breve il bando per il nuovo concorso per dirigenti scolastici di cui è stato pubblicato da poco il regolamento in Gazzetta Ufficiale.

I presidi infatti hanno il contratto scaduto dal 2010 e gli stipendi sono fermi in attesa di un nuovo contratto. La retribuzione media lorda dei dirigenti scolastici è di 57,861,57 euro, pari a 36.661,09 euro netti. Si tratta di circa 2.800 euro netti di media. Ora però il governo è deciso a cambiare e e ridurre la forbice tra i capi d’istituto e gli altri dirigenti della Pa.

Andrea Carlino

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