Insegnante ordinario, esperto e senior: sono questi i tre “livelli” nei quali potrebbe articolarsi in futuro la carriera dei docenti italiani.
Se ne sta parlando al Miur all’interno di alcuni gruppi di lavoro che prima della pausa estiva dovrebbero consegnare una proposta definitiva al Ministro.
Ma ancora non è chiaro il percorso che la proposta dovrebbe seguire per potersi tradurre in norma.
Ovviamente i sindacati vorrebbero che si seguisse la strada contrattuale, con relative risorse economiche a disposizione anche se per intanto resta ferma al palo la possibilità di riconoscere l’aumento di anzianità a coloro che hanno maturato lo scatto stipendiale nel 2013 (operazione per la quale servirebbero non meno di 350-400 milioni di euro).
Nelle settimane scorso il Ministro (e il sottosegretario Reggi con lei) ha avuto non pochi tentennamenti: in qualche circostanza ha parlato di decreto legge che potrebbe quindi entrare in vigore da subito, ma poi ha anche detto che per le riforme più complesse (e questa lo sarebbe certamente) bisognerà prevedere una legge delega.
Se la strada sarà questa bisogna prepararsi a 6 mesi di intenso e complicato dibattito che, a partire dalle aule del Parlamento, coinvolgerà sindacati e assemblee sindacali, convegni e seminari.
L’idea di base dovrebbe essere quella già contenuta a suo tempo del disegno di legge Aprea ma che non venne poi inserita nel progetto bipartisan Aprea-Ghizzoni che, alla fine, riguardava solamente la riforma degli organi collegiali e non lo stato giuridico dei docenti.
C’è da dire che l’attuale progetto si inserisce in uno scenario molto diverso rispetto a quello di alcuni anni fa: nell’arco di 3 anni usciranno dalla scuola non meno di 100mila docenti (si tratta delle “leve” che vanno dal 1950 al 1954) con un inevitabile e consistente “svecchiamento” della categoria.
Forse Ministro e Governo confidano sul fatto che gli insegnanti più giovani possano essere più disposti ad accettare uno sviluppo di carriera basato non sull’anzianità ma su criteri diversi (d’altronde questo è un dato confermato anche da alcune indagini condotte negli ultimi anni sulle opinioni dei docenti neo-immessi in ruolo).
Sulla carta il programma sembra non fare una grinza, ma non è detto che tutto fili liscio: parafrasando l’indimenticato Gianni Brera non dimentichiamo che “il pallone è rotondo e va dove vuole”.
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