A proposito della diatriba su “docenti fannulloni” o “insegnanti missionari”, c’è ancora chi ha l’ardire di ipotizzare un incremento dell’orario obbligatorio di servizio, a parità di retribuzione. Sorvolo sul fatto (di cui nessuno davvero serio ed onesto intellettualmente potrebbe dubitare, se non è in perfetta mala fede) che un notevole carico di lavoro e di studio è svolto ogni giorno nei tempi extrascolastici ed in forma gratuita. Non si tratta di adempimenti volontari, ma di lavoro extra, necessario o funzionale al ruolo dell’insegnamento. Altrimenti chi corregge i compiti, chi prepara le lezioni, chi compila i registri ed altri documenti burocratici? In ogni caso, mi preme evidenziare un aspetto rilevante della professione docente, mortificata e svilita da anni di campagne ideologiche infamanti (da destra a manca). Mi spiego. Nel mondo della scuola italiana prevale da sempre una tendenza clericaleggiante, un’idea religiosa che intende (con una buona dose di ipocrisia) la scuola nei termini di una “missione”, per cui gli insegnanti dovrebbero lavorare per la “gloria”, la “croce” o la “santa inquisizione”. Ovvero prestando una gran mole di lavoro gratuito. Ma come mai per i bidelli non è così? Idem per medici o infermieri? Per gli avvocati o altri professionisti? Per tutte le categorie di “lavoratori dipendenti”, tranne gli insegnanti, le ore di lavoro eccedenti (ossia gli “straordinari”) sono ben retribuite. In sostanza, gli unici “fessi” dovremmo essere sempre e solo noi: i “missionari” della scuola. E pensare che il sottoscritto è persino un ateo anticlericale. E ci definiscono pure “lavativi”. Mettetevi d’accordo: “missionari o nullafacenti”? Nulla di tutto ciò. Siamo, più laicamente, professionisti. Da rispettare e retribuire come tali.