Con le proteste dei docenti di terza fascia ci troviamo al cospetto di una spiacevole “guerra tra poveri” del sistema istruzione italiano.
Una “guerra” dove all’interesse di una parte di insegnanti corrisponde un contro interesse di altri numerosi gruppi di docenti. Ad esempio ci sono gli insegnanti abilitati che vanno contro i docenti non abilitati.
La paura dei colleghi abilitati è quella di essere “scavalcati” dal punteggio di un docente di terza fascia che, una volta acquisita l’abilitazione potrebbe entrare di ruolo superando sia i tieffini che i passini (senza tener conto di tutte le dinamiche legislative della legge 104).
Sempre la paura, emozione costante in queste dinamiche di inserimento nei ruoli della scuola pubblica statale, condiziona i docenti di terza fascia verso il concorso ordinario, perché proprio in questa selezione concorsuale potrebbero ritrovarsi scavalcati dai neolaureati, forti di una preparazione teorica appena conseguita dal mondo accademico.
Una cosa è sicura, le aspirazioni professionali degli insegnanti devono essere mosse dallo studio, dall’approfondimento metodologico del loro stare in classe e non dalla paura dell’essere superati nell’entrata in ruolo da chi è più giovane.
La scuola ha bisogno di preparazione e di creatività (condizioni professionali indipendenti dall’età dell’insegnante) e non solo di esperienza sul campo, che comunque non può essere conteggiata in soli 36 mesi di insegnamento, un intervallo di tempo sicuramente insufficiente per esprimere qualsiasi giudizio sull’operato in aula di un docente.
Un’altra cosa è certa, tutti gli insegnanti indipendentemente dalla fascia di appartenenza hanno il diritto di continuare la loro attività di insegnamento con buona pace delle richieste dell’Europa.
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