Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief
Il 12 novembre si è svolto il primo dei tre scioperi “novembrini” proclamati dai sindacati della scuola: La Tecnica della Scuola ha incontrato Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, promotore anche di un sit-in davanti Montecitorio, nel corso del quale è anche salito in commissione Cultura della Camera per esprimere, in audizione, le sue critiche contro il decreto 126/19 salva-precari.
Dopo avere ringraziato “chi è venuto in piazza, durante il sit-in per fare sentire la sua voce, riempiendo la piazza, nonostante la giornata di pioggia, per far sentire la voce dell’Anief che rappresenta il precariato”, Pacifico ha detto che il suo sindacato ha “presentato trenta proposte emendative illustrate” al decreto scuola.
Le richieste “riguardano innanzitutto l’allargamento della platea di tutti gli interessati che operano nel sistema d’istruzione, anche per il personale Ata che deve essere stabilizzato e per i facenti funzione. Perché se l’interesse del Governo è quello di ridurre o eliminare i licenziamenti derivanti dall’abuso contratti a termine, allora bisogna fare la fotografia del precariato e allargare gli accessi a questa procedura concorsuale”.
“Questo è vero anche per l’Università, dove non esiste più il posto di ricercatore a tempo indeterminato, e per l’Afam, dove mancano soluzione per assumere i tanti precari. La politica affronti in maniera organica il problema”, ha esortato il sindacalist.
Anief ha anche prodotto una lunga serie di richieste di modifica alla Legge di Bilancio 2020, auspicando che “la Commissione che il Governo allestirà a breve per valutare i nuovi lavori gravosi si concentri – ha detto Pacifico – sulla comprensione degli strumenti preventivi che possano evitare il burnout, includendovi il personale docente, ma anche gli Ata e i dirigenti scolastici”.
Facendo questo, gli esperti di stress da lavoro “andrebbero a scoprire che nell’insegnamento ed in generale nel mondo della scuola c’è la necessità di aprire delle ‘finestre’, per la troppa usura che questo lavoro comporta, anche per lo stress psichico e mentale”.
Perché l’usura, evidentemente, non deriva solo dalle attività fisicamente più faticose e stressanti.
Bisogna approvare delle leggi che “consentano, come per le forze armate e di polizia, di poter andare in pensione a 58 anni”.
“Quindi – ha concluso Pacifico – vanno applicati sempre i meccanismi della speranza di vita, ma non a 67 anni, perché l’Italia ha già il più alto numero di insegnanti al mondo superiori alla fascia di 50 anni. Bisogna allora eliminare il gap generazionale, utilizzare l’esperienza di chi da tanti anni lavora nella scuola, anche per svolgere altri compiti (alternativi alla didattica, ad esempio come tutor dei neo-assunti n.d.r.). Perché non si può morire prima di andare in pensione”.
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