Secondo quanto riportato da Repubblica, a fare richiesta di pensionamento, lo scorso mese di febbraio, sono circa stati oltre 30 mila docenti, mentre erano in 21 mila a ottobre 2022. Le motivazioni? Per i sindacati sono da attribuire al lavoro usurante e all’insofferenza per i compiti burocratici che aumentano. A queste motivazione potrebbero aggiungersi il moltiplicare di casi di aggressione verso i docenti da parte di genitori, studenti e non solo.
Nonostante i criteri più stringenti delle ultime disposizioni di Governo, le richieste sono aumentate del 24%. Per lasciare la scuola dal prossimo primo settembre occorre avere 41 anni e 10 mesi di servizio per le donne, 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Oppure con la vecchia legge Fornero con 67 anni di età e almeno 30 di servizio.
Pensione quota 103 e opzione donna. Requisiti e termini per presentare la domanda
Le maestre di scuola dell’infanzia e primaria possono andare in pensione anticipata, a 66 anni e 7 mesi, se hanno già 30 anni di servizio perché svolgono un lavoro “gravoso”. Poi c’è quota 100 (62 anni di età e 38 di servizio entro il 31 dicembre del 2021), Quota 102 “64 anni di età ed almeno 38 anni di contributi entrambi maturati entro il 31 dicembre 2022) e Quota 103. Oltre a Opzione donna e all’Ape sociale.
Secondo quanto affermato da Ivana Barbacci (Cisl Scuola): “Chi raggiunge finalmente i requisiti per la pensione non esita neanche un minuto a presentare domanda per cessare dal servizio. Il lavoro del docente è più che impegnativo e certamente usurante”.
Mentre Elvira Serafini (Snals) dichiara: “Da anni registriamo un trend in crescita dei pensionamenti anticipati. Probabilmente pesano su questa tendenza non solo le incertezze sui futuri trattamenti pensionistici e sui prevedibili innalzamenti dei requisiti di età. Emerge chiaramente anche l’insofferenza per i compiti burocratici che aumentano e rendono l’esercizio della professione docente sempre più difficile e complessa”.
Attraverso un interessante contributo pubblicato su LabParlamento, l’esperto di burnout nella scuola ricorda che al docente italiano – in otto-nove casi su dieci donna – continua ad essere riservata “una retribuzione miserrima (ultimi in Europa) che, a scanso di equivoci, conferma il refrain economico del ‘vali poco, ti pago poco’”; si negano le “tutele di legge (art. 28 DL 81/08) quali il riconoscimento e la prevenzione delle malattie professionali” confermando una società solo “a parole attenta alla parità di genere, alla violenza sulle donne, ed ai femminicidi”; non si rendono note “le reali malattie professionali della categoria, ritenendo che queste sono solo e semplicemente le disfonie (laringiti, corditi)” e in ogni caso “non è attuata alcuna prevenzione né per le disfonie, né per le più frequenti patologie professionali che risultano essere psichiatriche e neoplastiche”.
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