La professione docente, oltre al discreto trattamento di natura economica, di welfare e di complessiva considerazione nel quadro dell’amministrazione pubblica, caratterizzata, come sollevano numerosi report a livello continentale, da un quantitativo di lavoro sommerso che caratterizza negativamente l’attitudine del lavoratore della formazione mettendo a rischio la rispettiva salute mentale. Ansia, sintomi depressivi di qualunque gravità sono indotti in caso di rapporti negativi con la propria professione, con conseguenti livelli elevati di stress somatizzato in stati di salute fisici e mentali non compatibili con la professione. La correzione dei lavori scritti, l’organizzazione delle lezioni e dei paini formativi, nonché le riunioni svolte con colleghi e genitori sono solo alcune delle attività “sommerse” sotto il profilo economico ed istituzionale svolte dal corpo docente.
I risultati dell’indice di benessere degli insegnanti 2022, realizzato dall’ente statale Education Support, mostrano un aumento di tre punti percentuali nel numero di personale educativo che si è definito stressato dal 2021. Alcuni testate locali hanno inoltre evidenziato come, anche a livello dirigenziale, più di un terzo dei dipendenti del settore pensava di lasciare la professione docente. Mentre il 75% di tutto il personale educativo ha affermato di essere stressato, i livelli differiscono in base al ruolo lavorativo. I dirigenti senior hanno continuato a sperimentare lo stress maggiore, con l’84% che si descrive come tale. Education Support ha affermato che i dati resi noti hanno dimostrato una “saturazione dello stress a tutti i livelli della forza lavoro scolastica”. Nel frattempo, sebbene il numero di dipendenti che hanno riferito di aver riscontrato problematiche connesse alla salute mentale sia sceso di sette punti percentuali nel 2021 al 36% dell’anno corrente, la gravità sintomatologica preoccupa gli esperti. Il 50% di tutto il personale ha dichiarato di aver sofferto di insonnia o difficoltà a dedicarsi al riposo notturno. Un campione pari al 44 % e 41 % ha riportato rispettivamente difficoltà di concentrazione e dimenticanza anche sul luogo di lavoro. Al quesito se ritenessero, o gli fosse stato suggerito, che i sintomi accusati fossero una matrice di esaurimento, il 28% di tutti gli intervistati ha concordato. Questo era più comune tra i dipendenti del corpo dirigenziale – inclusi DS e assistenti – con il 37% che riferiva i propri sintomi come burnout, con un aumento di cinque punti percentuali rispetto al 2021. La cifra è aumentata di cinque punti percentuali anche tra gli insegnanti in classe, con il 27% che ha segnalato segni di esaurimento, o burnout.
La comparsa della DAD, a seguito delle norme dispositive che vincolavano spostamenti ed assembramenti, ha fatto seguire dibattiti di natura pedagogica, didattica, organizzativa e didattica nel mondo scolastico ed opinionistico. Sta di fatto che, in termini di lavoro sommerso, numerosi docenti intervistati (64 %) ritengono che il carico di lavoro sia aumentato ben oltre le 25 ore settimanali previste dal contratto. Di questi il 15 % ritiene che il totale delle ore sia limitato alle 36 settimanali, mentre altri, oltre il 21 %, sostengono che tale valore sia stato definitivamente superato, specie con l’arrivo della DAD, che impone un cambio di passo e metodologico nella preparazione delle lezioni, di un materiale spesso alternativo a quello dei testi (diapositive, presentazioni). Oltre alla preparazione delle lezioni e dei contenuti offerti, che occupa in media 2-3 ore oltre l’orario di lavoro giornaliero, i docenti sono impegnati nella correzione delle prove scritte che ammontano, in media, tra le 600 e le 800 unità annuali: un carico pari ad almeno 250 ore per anno scolastico. Inoltre, con gli istituti aperti in orario continuato sino a sera, si sono moltiplicate le attività collegiali ed extracurricolari, le quali, come le altre attività poc’anzi citate, esercitano una notevole pressione sulla stabilità psicologica e sulla salute mentale del corpo docente, sempre più a rischio.
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