A dieci anni dalla Legge 128 dell’8 novembre 2013 (che ha costituito una sofferta, pur se “parziale” vittoria dei docenti inidonei dopo due anni di mobilitazioni), con la quale si è riusciti a evitare il loro previsto trasferimento nei ruoli ATA, per esclusive ragioni di risparmio e si è riusciti a restituire ben duemila posti per l’immissione in ruolo al personale Tecnico e Amministrativo che sarebbe stato senza colpa penalizzato, sono molte le voci che si stanno nuovamente alzando per chiedere che venga finalmente chiuso l’ambiguo capitolo con il quale la scuola vorrebbe “sbarazzarsi” dei docenti che per gravi motivi di salute non possono più restare in classe ma che, in realtà, svolgono importantissime funzioni in ambito scolastico.
Le richieste di intervento e revisione delle attuali norme che presiedono l’utilizzo dei docenti inidonei provengono, in prima istanza, dai docenti bibliotecari, ovvero da quei docenti che, a seguito di una patologia, non potendo svolgere attività frontale di insegnamento, hanno optato (tra gli ambiti di utilizzazione previsti dal CCNI del 2008) per i servizi bibliotecari, coprendo, nei fatti, un vuoto normativo che in Italia non prevede la figura del docente bibliotecario. Tali docenti, che nonostante le patologie contratte hanno un orario di servizio di 36 ore, non solo “promuovono l’uso dei libri e delle altre fonti informative, dalla narrativa alla saggistica, dalle fonti a stampa a quelle elettroniche, sia disponibili in loco sia remote” (Manifesto IFLA sulla biblioteca scolastica), ma costituiscono, da sempre, il primo presidio contro la dispersione scolastica (per la quale oggi sono stati messi in campo circa 500 milioni di euro), aiutando ogni membro della comunità, studenti, personale, famiglie, non solo nell’uso dei libri, ma nel programmare un proprio personale percorso di studi, di approfondimento, di orientamento e riorientamento (e sarebbe necessario e urgente, a tale proposito, una seria indagine per capire quali sono le scuole che ancora non sono dotate di una biblioteca o che, dopo la chiusura per COVID, non hanno ancora riaperto).
I docenti che non potendo svolgere attività frontale di insegnamento, hanno optato (scegliendo sempre tra gli ambiti di utilizzazione previsti dal CCNI del 2008), per l’organizzazione dei laboratori quale supporto didattico ed educativo, lamentano, invece, i carichi di lavoro (che spesso vanno anche oltre le 36 ore) per la complessità del servizio e la scarsità del personale preposto. Questi docenti, infatti, non solo organizzano tecnicamente i laboratori, ma svolgono una vera e propria attività didattica gestendo interi gruppi classe per attività scientifiche o culturali complesse e dirette a tutti gli studenti e docenti degli istituti scolastici di riferimento. I docenti e i servizi amministrativi. Molti sono i docenti che, anche a causa delle strutturali carenze di organico, vengono utilizzati dai Dirigenti nelle segreterie degli istituti, spesso “forzatamente” contro la volontà degli stessi docenti inidonei (mentre la normativa è molto chiara al proposito). Sovente, senza alcun supporto normativo, i docenti inidonei vengono utilizzati come fossero vere e proprie dotazioni organiche ATA subordinate al DSGA, di fatto assimilandoli agli impiegati amministrativi assunti in ruoli specifici con specifiche competenze. I docenti inidonei,invece, sono unità “aggiunte” e di “supporto” affette da patologie che non permettono loro di affrontare tutte le incombenze relative ai servizi amministrativi.
Oltre a ciò: moltissimi docenti, giudicati permanentemente o temporaneamente inidonei dalle Commissioni Mediche di Verifica, lamentano le continue vessazioni da parte di colleghi (ATA e docenti), di dirigenti e DSGA, che li sottopongono a un mobbing silente o manifesto, scambiando la “malattia” per infingardaggine e assumendo atteggiamenti vessatori e lesivi della dignità della persona. Tutti i docenti inidonei considerano le 36 ore di servizio cui sono obbligati sproporzionate rispetto alle patologie contratte, così come eccessiva appare l’applicazione nei loro confronti delle norme sulle ferie, permessi brevi, ritardi e recuperi compensativi del personale ATA, quando, come docenti “fragili” potrebbero svolgere almeno parte del proprio servizio in modalità a distanza e potrebbero utilizzare le ferie nei periodi di interruzione dell’attività didattica cui, comunque, rimangono legati come docenti.
Per questi motivi e per molte altre questioni urgenti posteci alla ripresa delle attività didattiche, come COBAS insieme ai docenti inidonei, abbiamo programmato, con il CESP-Centro studi scuola pubblica, una giornata di studio, che si svolgerà in modalità mista (online o in presenza presso la Sala Convegni CESP di Viale Manzoni,55-Roma), il 6 dicembre prossimo, (per informazioni consultare il nostro sito www.cobasscuola.it)
Anna Grazia Stammati Esecutivo nazionale COBAS Scuola
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