Le recenti dichiarazioni di Umberto Galimberti vengono commentate anche dal nostro direttore Alessandro Giuliani a Radio Cusano. “L’intellettuale non fa certo un quadro edificante del professore italiano”, esordisce il radio conduttore.
“Molti professori sarebbero innamorati del proprio stipendio e non avrebbero la vocazione per l’insegnamento, secondo il professore Galimberti. Mi viene da osservare che evidentemente il professore non conosce le cifre di questo stipendio – risponde il direttore Giuliani -. La nota più stonata riguarda il fatto che questi stipendi cui si riferisce sono più bassi di quelli dell’impiegato medio, parliamo di uno stipendio medio di 1500 euro, un neoassunto sta sui 1300, a fine carriera si arriva al massimo attorno ai 2mila euro”.
“Insomma, dire che si sceglie questa professione per uno stipendio dopo avere acquisito una laurea, specializzazioni, abilitazioni, dopo avere superato concorsi e quant’altro, non è corretto, oltre a essere un atteggiamento qualunquista perché sparare nel mucchio su circa 1 milione di lavoratori e dire che ce n’è una parte che ha questa indole a me sembra limitante”.
“Una dichiarazione buttata lì in maniera estemporanea”, osserva il conduttore”. E fa riferimento anche a Mario Rusconi, che in passato ha argomentato: “La scuola è diventata uno stipendificio”. Forse è cambiare l’angolo di lettura a dare il senso della realtà?
Il direttore Giuliani: “Forse il nocciolo della questione è che in taluni casi, soprattutto al sud, qualcuno svolge questa professione non per scelta ma per necessità, ma è un dato di fatto che in ogni caso parliamo sempre di docenti che hanno investito molto nello studio, si sono costruiti una professione affrontando un lungo percorso anche di precariato e francamente poi dire che lo si fa per lo stipendio… da un intellettuale mi aspetterei un’analisi approfondita che entri nel merito”.
Una riflessione che non può tenere fuori la pandemia e il modo in cui la scuola la sta affrontando a dispetto di tutte le difficoltà e delle strategie inidonee messe in campo dal Governo: “Si sta affrontando la pandemia con la mascherina, questa l’unica difesa approntata nelle scuole, non c’è distanziamento, aerazione, non abbiamo un numero di alunni ridotto”.
“In tutto questo – precisa – c’è una fotografia di un’insegnante che va elogiato, perché si trova davanti problematiche organizzative sempre importanti, deve collegarsi in DaD con 5 alunni mentre il resto della classe è in presenza e via dicendo”.
“Quanto ai di Gimbe pare che scuole e ospedali vadano verso la paralisi, mentre il sottosegretario Costa considera ingiustificato il clima di paura: è così?” domanda il conduttore. “Sulla scuola si consumano tante frizioni”.
Osserva il direttore: “Se lo Stato, il premier, il ministro dell’Istruzione sono di questa opinione è bene che sappiano che oggi abbiamo il 10% degli studenti costretti a casa in DaD per motivi di contagio diretto o indiretto, ma considerando che il picco deve ancora arrivare, se arrivassimo al 20 o al 25% potremmo avere su 8 milioni anche 1 milione di ragazzi a casa. Fortunatamente sono in gran parte ragazzi o bambini con pochi sintomi e dunque possono fare la DaD”.
“Ma forse in questo contesto – suggerisce Alessandro Giuliani – a livello organizzativo sarebbe stato più opportuno riprendere la scuola dopo le vacanze natalizie con un paio di settimane di ritardo facendo scendere i contagi. Invece allo stato attuale la scuola sta contribuendo alla diffusione a macchia d’olio del contagio, con le scuole che sono sì ligie al dovere ma non hanno i mezzi per potere affrontare in maniera energica il Covid, specie in presenza di questa variante particolarmente contagiosa ma anche pericolosa, con un’età media dei ricoveri ospedalieri che si è abbassata. Nella scuola dovevamo fare molto di più sul fronte delle strutture e del supporto del Governo”.
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