I docenti italiani non sono solo i più vecchi del vecchio Continente, ma anche tra i pochi lasciati al loro destino: senza alcun tipo di confronto e valutazione. È l’impietoso quadro realizzato della rete Eurydice sulla “La professione insegnante in Europa: pratiche, percezioni e politiche”, presentato il 25 giugno alla Commissione europea a Bruxelles.
Dal rapporto, ripreso e commentato dal Sole 24 Ore, risulta che, alle superiori, “la quota di insegnanti under 30 è prossima allo zero e anche nella fascia d’età 30-39 non raggiunge il 10 per cento”. Inoltre, il Belpaese si conferma la terra “che ha insegnanti più anziani d’Europa. Se è vero che la scuola si appresta a vivere un po’ ovunque il rischio di una prossima carenza di insegnanti, visto che due terzi sono infatti over 40 e circa il 40% andrà in pensione nei prossimi 15 anni, da noi il quadro è ancora meno rosa: sono assenti quasi del tutto i docenti delle scuole secondarie di I grado sotto i 30 anni, mentre circa il 44% ha fra i 50 e i 59 anni e gli over 60 sono quasi il 20 per cento”.
Detto che “la professione docente è ancora appannaggio del genere femminile. Se si eccettua l’Olanda, che ha raggiunto pressoché la parità di genere tra gli insegnanti, nel resto del Vecchio continente le professoresse superano di gran lunga i professori. Con i picchi di Bulgaria, Estonia, Lettonia e Lituania dove gli uomini in cattedra sono meno del 20 per cento”, sottolinea il quotidiano di Confindustria. Ma l’Italia, aggiungiamo noi, non è molto distante da queste percentuali, visto che le donne docenti italiane coprono circa l’81 per cento del corpo insegnanti, con picchi del 99 per cento alla scuola dell’Infanzia.
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Un altro aspetto analizzato dalla rete Eurydice è quello della valutazione dei docenti, ai fini di un miglioramento della percezione della loro professione. Ebbene, anche su questo punto siamo nel gruppo della minoranza: “una qualche forma di valutazione degli insegnanti regolata a livello centrale è presente in tutti i Paesi eccetto l’Irlanda, l’Italia, l’Olanda, la Finlandia, la Scozia, la Norvegia e la Turchia. In questi Paesi, tuttavia, molto spesso le scuole sono libere di organizzare in maniera autonoma le proprie strategie di sviluppo professionale degli insegnanti, incluse forme di valutazione delle loro performance”.
È interessante, infine, anche questo dato: “in 17 sistemi educativi, la valutazione è effettuata da un valutatore esterno, su base regolare o ad hoc. E quasi sempre viene integrata da quella valutazione effettuata dal dirigente scolastico”. Una prassi che il DdL “La Buona Scuola” vorrebbe introdurre anche nel nostro Paese, affiancando al capo d’Istituto un comitato di valutazione composto da 7 membri: tre docenti interni all’istituto, uno esterno (potrebbe essere un altro docente, un ds o un ispettore), due genitori e (ma solo alle superiori) un rappresentante degli studenti.
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