Attualità

Docenti italiani malpagati e in pensione sempre più tardi, l’Ocse mette il dito nella piaga

Modesto: è il giudizio sull’Istruzione in Italia che si evince dai contenuti del Rapporto Ocse Education at a Glance 2021. Tra i punti nevralgici evidenziati dall’Ocse figura l’età media in crescita, gli stipendi sempre più indietro, gli investimenti ridotti, i deludenti risultati a livello di titoli di studio ed occupazionale.

Troppi docenti over 50

Secondo il Rapporto, il 58% degli insegnanti della scuola primaria in Italia ha almeno 50 anni, una percentuale superiore alla media OCSE pari al 33%.

In media in tutti i Paesi dell’Ocse, la percentuale di insegnanti con almeno 50 anni di età aumenta con l’aumentare dei livelli di istruzione in cui essi esercitano l’insegnamento, fino al 36% nell’istruzione secondaria di primo grado e al 40% nell’istruzione secondaria di secondo grado.

Inoltre, in Italia questa percentuale varia dal 53 % al livello di secondaria di primo grado al 62% al livello di secondaria di secondo grado.

Quello dell’uscita ritardata dal lavoro dei nostri insegnanti è un quadro, tra l’altro, destinato a peggiorare: con la fine di Quota 100 e l’entrata a regime della riforma Monti-Fornero, infatti, l’età media dei pensionamenti non potrà che salire ancora.

Stipendi, il gap aumenta

Il capitolo stipendi non è da meno. Tra il 2005 e il 2020, nei Paesi dell’OCSE gli stipendi tabellari degli insegnanti con 15 anni di esperienza e con le qualifiche più diffuse sono aumentati dal 2 % al 3 % ai livelli di istruzione primaria e secondaria di primo e secondo grado a indirizzo generale, nonostante un calo degli stipendi seguito alla crisi finanziaria del 2008. In Italia, gli stipendi degli insegnanti a questi livelli sono diminuiti del 5 %.

Ma non è finita qui. Perché l’Italia si è collocata tra i dieci Paesi dell’Ocse ad aver speso la percentuale più bassa del PIL per gli istituti di istruzione da primaria a terziaria. Nel 2018 ha speso il 4,1 % del PIL per gli istituti di istruzione da primaria a terziaria, cifra pari a 0,8 punti percentuali in meno rispetto alla media Ocse.

Tra i vari livelli di istruzione, l’Italia ha destinato una quota inferiore del Pil rispetto alla media Ocse a livello sia terziario che non terziario.

Spesa in Italia troppo limitata

Inoltre in Italia, la quota della spesa in conto capitale sulla spesa totale per gli istituti di istruzione è inferiore alla media OCSE ai livelli da primario a terziario.

A livello primario, secondario e postsecondario non terziario, la quota in conto capitale rappresenta l’1 % della spesa totale per gli istituti di istruzione, pari a 7 punti percentuali sotto la media OCSE (8 %).

A livello terziario, questa quota rappresenta il 9 %, cifra leggermente inferiore alla media dei Paesi Ocse pari all’11%.

Solo relativamente agli esercizi finanziari 2020 e 2021, l’Italia ha registrato un aumento di bilancio a favore dell’istruzione primaria e secondaria di primo grado.

Le tendenze generali

A livello generale, quindi non solo in Italia, in media, in tutti i Paesi dell’Ocse risulta anche più probabile che, gli uomini in giovane età non siano in possesso di un titolo di istruzione secondaria superiore rispetto alle donne della stessa fascia di età.

I ragazzi rappresentano in media circa il 60% dei ripetenti della scuola secondaria superiore ed è molto più probabile che intraprendano un percorso di formazione tecnico-professionale piuttosto che di indirizzo generale.

Nel 2019 le donne rappresentavano in media il 55 % degli immatricolati a corsi di istruzione terziaria. Se i modelli continueranno a seguire le tendenze attuali, si prevede che il 46 % delle giovani donne conseguirà una laurea per la prima volta prima di compiere 30 anni, il che equivale a 15 punti percentuali in più rispetto agli uomini.

Troppi abbandoni precoci

Tuttavia, un adulto su cinque in tutta l’area Ocse non ha completato un ciclo di istruzione secondaria superiore e, in alcuni Paesi, una notevole percentuale di minori abbandona la scuola in età precoce.

Nel 2019, ricordano i ricercatori, in circa un quarto dei Paesi dell’Ocse, almeno il 10 % dei giovani in età scolare non frequentava la scuola. In Italia attorno al 14%.

Tra i fattori che influenzano il rendimento scolastico, lo status socioeconomico incide maggiormente sulle competenze di alfabetizzazione dei quindicenni rispetto al genere o al Paese di origine.

L’influenza della famiglia sugli studi

Esso tende, inoltre, ad influire sul programma di studi che gli studenti decidono di seguire, in quanto coloro che non hanno un genitore laureato – che costituisce un indicatore dello status socioeconomico – si iscrivono con maggiore probabilità a programmi di studio superiori ad indirizzo tecnico-professionale piuttosto che a indirizzo liceale.

Infine, coloro che non hanno un titolo di studio di istruzione secondaria superiore sono svantaggiati nel mercato del lavoro.

È poi indicativo che nel 2020 il tasso di disoccupazione dei giovani adulti che non avevano completato un ciclo di istruzione secondaria superiore era pari quasi al doppio di coloro in possesso di qualifiche più elevate.

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Alessandro Giuliani

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