Si fa un gran parlare della mancanza di autorevolezza dei docenti e del fatto che siano sempre più bersagliati da chi dovrebbe andare a scuola per essere formato proprio da loro. E pure le loro famiglie, in molti casi, risultano ostili al loro operato.
L’escalation di casi di cronaca, con alunni che aggrediscono i loro insegnanti, come avvenuto di recente in provincia di Caserta e nel piacentino, ma anche di genitori che si scagliano contro il corpo docente costringendolo alle cure sanitarie, come accaduto nei giorni scorsi ad Avola, in Sicilia, e a Foggia, non sembrano essere casuali.
Secondo l’ex ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, “a scuola ormai, e questo è un gran bene, vanno quasi tutti. Ma ci sono delle famiglie, spesso le più disagiate, che si disinteressano della vita scolastica dei loro figli. E quanto meno conoscono il corpo insegnante tanto più ne disconoscono il ruolo e l’autorità”.
Parlando al Messaggero, Berlinguer ritiene anche che “l’onda lunga del ’68 in qualche maniera può rientrarci. Una linea libertaria come quella, se non è accompagnata dalla responsabilità e dal rispetto della libertà degli altri, può diventare sopruso e violenza”, osserva Berlinguer, secondo cui “il principio della diversità dei ruoli dev’essere sacrosanto in una società complessa qual è quella odierna. Non puoi dire al guidatore dell’autobus: spostati, perché adesso guido io”.
“Alcuni genitori – sostiene Berlinguer – non danno una vera delega agli insegnanti perché istruiscano i figli. Pretendono soltanto che diano loro un titolo di studio. Ci sono genitori che si sentono sindacalisti dei propri figli e a loro non interessa tanto che i ragazzi vengano formati ma rispettati”.
La soluzione, quindi, è “intensificare il rapporto tra scuola e familiari. Il genitore deve sapere di più della vita scolastica dei figli. Più ne sa e più rispetta il lavoro dei docenti”, conclude l’ex ministro.
A dire la sua sui sempre maggiori episodi di aggressioni ai docenti è anche la segretaria generale della Cisl scuola, Maddalena Gissi, che lancia anche un appello: “la scuola non sia lasciata sola”.
Per la sindacalista il fenomeno “emergente a diverse latitudini, si presenta come un diffuso ‘male comune'”.
A proposito dell’ultimo caso – il ragazzino di prima media che mandato al pronto soccorso la sua prof – Gissi sostiene che l’episodio “solleva un altro problema, forse meno preoccupante sotto il profilo delle dinamiche sociali e culturali, molto di più invece per un altro aspetto: quello della solitudine nella quale troppo spesso è lasciata la scuola nel gestire la presenza di alunni con problemi di disagio comportamentale più o meno evidenti”.
“Anche se, per fortuna, non sempre destinata alla ribalta delle cronache, la realtà è diffusissima, la si potrebbe considerare il rovescio della medaglia di un grandissimo vanto della nostra scuola, la sua accoglienza e la sua inclusività, senza uguali forse nel mondo. Ma gli insegnanti non possono farsene carico da soli: devono essere affiancati e sostenuti, in modo sistematico, nella fatica e nelle specifiche difficoltà che tutto ciò comporta. Devono poter contare sulla presenza concreta, attiva e visibile dei soggetti che, agendo a vario titolo sul territorio con compiti di natura assistenziale o di cura, dovrebbero prendersi sempre la loro parte di carico dei problemi, in una logica quanto più possibile preventiva di intervento”, conclude Gissi.
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