I lettori ci scrivono

I docenti laureati scrivono alla ministra Fedeli

Gentile Ministra,

le firme riportate in calce sono quelle di insegnanti, professionisti del settore socio-educativo e genitori, operanti o residenti a Prato. Esse intendono sollecitare una riflessione che auspichiamo trovi in Lei e nei suoi collaboratori una piena condivisione.

La questione che le sottoponiamo è relativa a quanto quest’anno sta avvenendo nella scuola italiana, dove, attraverso un ricorso, i colleghi diplomati stanno assumendo incarichi – specialmente nelle cattedre di sostegno – scavalcando i laureati.

Una questione che Lei conosce bene dato il clamore e l’indignazione che questa vicenda sta suscitando fra noi insegnanti laureati, fra i genitori, fra le associazioni e i cittadini che stanno osservando quanto accade attraverso i mass media e i social network.

Non è nostra intenzione entrare nel merito tecnico ovvero nei tecnicismi del sopraddetto ricorso, a cui potrebbero seguire azioni legali e sentenze di segno contrario, ma poiché riteniamo che la civiltà non la si realizzi a colpi di sentenza, proviamo in queste poche righe ad appellarci direttamente a Lei, perché la questione si risolva ristabilendo una più alta visione delle cose.

Il titolo della laurea, che tutti noi ci siamo guadagnati attraverso i sacrifici nostri e delle nostre famiglie, deve essere tutelato, innanzi tutto come conquista democratica (ancora da realizzarsi appieno dato che in Europa siamo fra gli ultimi per numero complessivo di laureati).

Qualsiasi siano i criteri che hanno consentito al diplomato di assumere gli stessi incarichi del laureato, in questo caso il sostegno negli insegnamenti teorici (e non tecnico-pratici), questi vanno – secondo noi – rimossi. Diversamente ne conseguirebbero effetti, purtroppo già in essere, che apparirebbero senza dubbio contraddittori.

Senza un intervento risolutivo da parte sua:

  • si sminuirebbe ancor di più il ruolo del laureato, già minato dall’attuale congiuntura economica, e adesso anche declassato dalla mano pubblica, la quale accetta che venga scavalcato surrettiziamente non da un percorso formativo superiore ma da un artificio legale;
  • si ribadirebbe l’ineluttabilità di una migrazione all’estero dei laureati, oggi esclusi anche dall’opportunità di operare come insegnanti di 3° fascia;
  • si sminuirebbe l’istituto didattico del sostegno, fino ad oggi un vanto rispetto ad altri contesti europei, nel quale, sostituendo l’insegnamento teorico del laureato con quello tecnico pratico del diplomato, si stabilirebbe, in maniera neppure troppo velata, il principio che nel caso della disabilità poco importa il livello di formazione dell’insegnante;
  • si dovrebbe spiegare alle famiglie, e non solo a quelle con figli con disabilità, che la scuola italiana non sempre punta all’eccellenza inserendo figure professionali ancora più formate e preparate;
  • si dovrebbe, infine, accettare una terribile stortura del concetto di uguaglianza e ammettere il paradosso di una democrazia al ribasso, in cui i meriti maggiori, costituiti da titoli e competenze, non vengono riconosciuti a vantaggio di qualifiche innegabilmente inferiori.

Una visione alta delle cose potrebbe avere come conseguenza un atto politico e di governo che porterebbe, con semplici ed immediati correttivi normativi, a ristabilire quel giusto equilibrio dei saperi e delle competenze che abbiamo cercato di illustrare in questa beve missiva.

Restiamo in attesa di un Suo cortese riscontro e confidiamo in un Suo celere intervento.

Rete Nazionale Docenti Laureati

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