Politica scolastica

Docenti, lavorerete di più e peggio. Ve lo chiedono gli “esperti”

Da quando è nato ci bombarda con opinioni e previsioni sulla ormai leggendaria “Scuola del 1° settembre”. È il “Comitato di esperti” varato il 20 aprile dalla Ministra Azzolina. Sono tutte personalità eminenti nel loro campo professionale, e parlano di Scuola; eppure — come spesso accade — con la Scuola “praticata” e vissuta, in massima parte, non hanno che fare. Un solo membro, infatti, fa di professione l’insegnante: Lorella Carimali, docente di matematica e fisica nel Liceo Scientifico Statale “Vittorio Veneto” di Milano; ma è nel Comitato perché “super-prof” (e quindi ottima “testimonial”), in quanto ex candidata al “Global Teacher Prize”.

Due sono dirigenti Scolastici. Tre i dirigenti del MIUR. Gli altri 12 (su 18) non praticano le aule scolastiche, né la concretezza dell’insegnamento quotidiano in classe.

Tutto fanno, fuorché insegnare a scuola

Coordinatore è Patrizio Bianchi, professore ordinario di Economia e Politica industriale dell’Università di Ferrara. Oltre a lui, sei sono professori universitari, dei campi più vari: dalla “Psicologia dell’Educazione e dello Sviluppo” alla “Storia del Cristianesimo”, dal “Diritto del Lavoro e delle Relazioni industriali” alla “Pedagogia Generale e Sociale”, al “Diritto Amministrativo”.

Un altro membro è definito “Ceo & Co-founder Impactscool”: che, tradotto dall’”inglesorum” per noialtri illetterati, significa direttore generale e cofondatore della Impactscool, società privata che si autodefinisce «organizzazione nata nel 2016 per creare maggior consapevolezza sugli impatti delle tecnologie emergenti nella società e portare, anche in Italia, una riflessione più strutturata sul futuro»; realizza “attività di formazione gratuite in scuole e università, anche nell’ambito di un protocollo di intesa siglato con il Miur”.

Informatici, medici, preti e pediatri

Tra i membri c’è pure l’Amministratore delegato di Sogei (“Società Generale d’Informatica S.p.A.”), azienda pubblica del Ministero dell’economia e delle finanze per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Un altro membro del Comitato di “esperti” della Scuola è ricercatore presso l’Istituto Superiore di Sanità. E non poteva mancare la componente vaticana: il Presidente dell’”Istituto internazionale salesiano di ricerca educativa” (ISRE). Last but not least, il Presidente della “Società Italiana di Pediatria”.

Montagne e topini

La montagna ha già partorito molti topolini: ultimo in ordine di tempo, l’idea di “ricorso selezionato e consapevole modalità blended” di didattica. Che — spiegato a noi digiuni della lingua dei dotti — significa didattica “mista” (in presenza e “a distanza”). Sì, perché, come vaticinò Azzolina, la Covid deve assolutamente produrre “un salto in avanti”. Anche se, forse, occorrerebbe interrogarsi prima su cosa questo “salto in avanti” sia, e se quel che generalmente si intende per “salto in avanti” non sia piuttosto un “salto nel vuoto”.

Insegnare di più, con più fatica, con meno risultati, pagati la stessa miseria

Altro topolino partorito recentemente dalla montagna degli “esperti”: la “rimodulazione” delle ore di lezione: che significa, per ogni insegnante di Scuola media di Primo e Secondo Grado, impartire 27 ore di lezione della durata di 40 minuti ciascuna (invece delle attuali 18 ore da 60 minuti). Lezioni quindi più veloci, essenziali, poco approfondite. Con aumento effettivo, per i docenti, del carico di lavoro: 9 lezioni in più a settimana da preparare, gestire, verificare. A costo zero per lo Stato (come sempre quando si tratta di Scuola).

Ecco cos’è, allora, il “salto in avanti”: il vecchio minimalismo culturale, peggio di quello che ci è toccato negli ultimi 30 anni. Tanto la cultura non serve, la comprensione effettiva è inutile, l’approfondimento è superfluo. Specie in un Paese che della cultura è la patria: che vanta il maggior numero di siti Unesco “patrimonio dell’Umanità”; il maggior numero di città storiche e di capolavori artistici; il Paese dove è nata la lingua latina, che, dopo 2.000 anni, trasformatasi nelle lingue romanze, è la più parlata nel mondo (più di un miliardo di parlanti madrelingua tra spagnolo, portoghese, francese, italiano, rumeno ed altre lingue neolatine); il Paese che, governato da persone colte, diverrebbe la Scuola del pianeta, l’Atene del globo.

«Fatti non foste…»

E invece no. Il “Mercato” (anglobale) ha ben altri progetti per noi. Il cosiddetto “piano Colao” prevede la privatizzazione dell’acqua e di ogni altro bene pubblico (esclusa, per il momento, l’aria, ma solo per difficoltà tecniche). L’ambiente diventa un “volano per il rilancio”. Arte, scienza e cultura smettono di essere libere e fini se stesse,  perché costituiscono un “brand del Paese”: il che, tradotto per noi ignari della neolingua imperiale, significa che non è più possibile insegnarle liberamente, perché un “brand”, ossia un marchio commerciale, nulla ha a che fare con la libertà d’insegnamento. La Coca-Cola non puoi insegnarla liberamente, puoi solo farti pagare per venderla.

Apriranno gli occhi i docenti italiani? Si ricorderanno, finalmente, che fatti non furono a viver come servi e venditori (a cottimo) di beni pubblici privatizzati secondo l’ideologia unica neoliberista, ma per seguire (e insegnare) “virtute e canoscenza” (come sarebbe loro possibile grazie a mezzi, opportunità, strumenti e luoghi di cui dispongono)?

 

Alvaro Belardinelli

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