Attualità

Docenti, le parole magiche sono: non arrendersi e trovare nuove strategie

In merito all’articolo comparso sul quotidiano La Repubblica martedì 16 luglio 2019, ho constatato molte inesattezze relative alla normativa, che mi permetto di segnalare. Inoltre, esprimo un mio parere per quanto riguarda alcuni contenuti.

Insegnanti di sostegno

L’autrice comincia sostenendo che la riforma della scuola del 2003 aveva significato per gli insegnanti specializzati per il sostegno “non essere più una dama di compagnia degli alunni in difficoltà ma un’insegnante a tutti gli effetti”.
In realtà già la legge 517 del 1977 definisce la figura dell’insegnante specializzato per il sostegno e la legge 104 del 1992 ne specifica il profilo caratterizzandolo come insegnante contitolare della classe all’articolo 13 comma 6. Quindi non un’insegnante personale del singolo allievo con disabilità, ma un insegnante della classe nella quale l’allievo con disabilità è inserito, allo scopo di favorirne una vera integrazione e inclusione.

Alunni BES e DSA

L’autrice dell’articolo accenna poi alla normativa sui bisogni educativi speciali (BES) citando l’anno 2010. La normativa di riferimento  è in realtà del 2012: Decreto Ministeriale del 27 dicembre 2012 e successiva circolare n. 8 del 6 marzo 2013.
L’imprecisione però non si limita solo alle date e alla normativa di riferimento bensì anche ai contenuti: descrive infatti i bisogni educativi speciali come condizioni di difficoltà a causa di situazioni contingenti quali problemi relazionali o problemi di provenienza da un paese extracomunitario o ambiente familiare disagiato.
In realtà i bisogni educativi speciali prevedono tre ambiti: il primo è quello degli allievi con disabilità; il secondo è quello dei disturbi evolutivi specifici, che comprende anche i DSA (Disturbi specifici di Apprendimento); il terzo è l’area dello svantaggio che contempla le situazioni descritte dall’autrice dell’articolo.
Gli alunni con DSA che vengono citati successivamente non sono una categoria separata dai BES, bensì una delle tre aree dei bisogni educativi speciali.

La riforma Moratti

La riforma del 2003 della ministra Moratti è quella che faceva riferimento alle tre “I” informatica, inglese, impresa e non alla riorganizzazione dei cicli scolastici, che erano stati promossi invece dal ministro Berlinguer nell’anno 2000 (Riforma Berlinguer, legge 10 febbraio 2000, n. 30 “Legge Quadro in materia di Riordino dei Cicli dell’Istruzione”),
La campagna elettorale di Forza Italia, che aveva poi portato Letizia Moratti a svolgere le funzioni di Ministro dell’Istruzione, aveva anzi puntato sul contrasto alla riforma del ministro Luigi Berlinguer.
Per quanto riguarda i contenuti penso che favorire una formazione rivolta a un rapido ingresso nel mondo del lavoro sia importante, ma che non possa essere esaustiva; informatica, inglese, impresa non possono essere che una parte dei contenuti della scuola, altrimenti rischiamo di produrre sudditi in grado di svolgere il loro lavoro da un punto di vista tecnico, ma totalmente privi di pensiero critico e di conoscenze di tipo umanistico, che sono quanto di più importante ci sia per formare dei cittadini consapevoli dell’importanza dei diritti umani e dei valori della democrazia.

Livelli di apprendimento

In merito ai problemi relativi ai bassi livelli di apprendimento degli studenti non credo che ciò sia attribuibile alla semplificazione dei libri di testo, che possono anzi permettere l’accesso all’istruzione a ragazzi provenienti da situazioni di deprivazione socio culturale, senza escludere la possibilità per gli insegnanti di proporre approfondimenti attingendo anche ad altre fonti.

Mi pare invece molto corretto quanto scrive Roberto Contessi subito dopo: la scuola di massa ha mantenuto gli stessi metodi della scuola riservata alle classi dirigenti e ancora pochi sono gli insegnanti, soprattutto nella scuola secondaria, disponibili a modificare i metodi di insegnamento cercando di realizzare processi di insegnamento e apprendimento più efficaci per tutti.
Per concludere vorrei evidenziare il fatto che non è vero che non si insegnano più analisi grammaticale e analisi logica. Assisto come insegnante di sostegno alle lezioni delle mie colleghe di lettere pur lavorando in una scuola collocata in una periferia problematica di una grande città. A volte si tratta solo di non arrendersi e di trovare le strategie più adeguate.
Claudio Berretta

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