Budapest, centro storico
Gli insegnanti italiani non si sentono tutelati: hanno stipendi inadeguati, raggiungono il ruolo tardivamente, hanno poche prospettive di carriera. Ma c’è chi sta molto peggio. Quelli ungheresi, ad esempio. L’onda lunga degli scioperi, avviati settembre e proseguiti fino a dicembre, dopo la tregua delle vacanze di fine anno, sta toccando livelli probabilmente senza precedenti. Molti docenti dell’Ungheria, infatti, hanno deciso di partecipare ad una marcia di protesta che in sei giorni farà percorrere a piedi, a turno, ben 180 chilometri: si è partiti da Miskolc, nell’est, e si giungerà a Budapest.
L’obiettivo dichiarati dagli organizzatori dell’insolita manifestazione di protesta è quello di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sui gravi problemi che caratterizzano negativamente oggi l’Istruzione in Ungheria.
La marcia, organizzata da due sindacati di categoria e un movimento simpatizzante, ha preso il via il 4 gennaio; in testa ai manifestanti è stato posizionato un manifesto con sopra scritto: “Chi insegnerà domani?“.
Secondo quanto riferiscono le agenzie di stampa, sono centinaia i partecipanti in occasione di ogni “tappa” di avanzamento del corteo.
Gli insegnanti ungheresi protestano, in particolare, per gli stipendi davvero troppo bassi, appena 600-700 euro ad inizio carriera, e per gli organici non adeguati al numero di alunni presenti nelle varie scuole.
I docenti, che possono contare sull’appoggio della maggior parte degli studenti e genitori, lamentano inoltre ingerenze su metodi e contenuti del loro insegnamento: in Ungheria, infatti, sono ancora oggi previsti i libri scolastici obbligatori e ordinati dal Governo, ma anche l’adozione di programmi di studio imposti dall’alto e tutt’altro che adeguati ai tempi e all’attualità.
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