Nella scuola si lavora tra mille problemi e gradi di responsabilità crescenti, in cambio di stipendi fermi dal 2009 e pensioni portate avanti di 10 anni.
Perché in altri Paesi a noi vicini, come Germania e Francia, insegnanti e dirigenti scolastici vengono più considerati a livello sociale e di Governo? Perchè guadagnano cifre ben più alte, quasi il doppio, e gli si dà la possibilità di lasciare il lavoro anche diverso tempo prima?
La domanda provocatoria è stata posta da Alessandro Giuliani, direttore della Tecnica della Scuola, nel corso della rubrica settimanale “L’angolo del direttore”, andata in onda il 27 febbraio su Radio Cusano Campus.
“Si parla tanto di valorizzazione del personale scolastico – ha detto Giuliani – ma poi l’Aran in questi giorni ci ha conferma che nella scuola le retribuzioni sono le più basse del pubblico impiego, con una media di 28mila euro lordi l’anno. E ciò avverrebbe perché le indennità aggiuntive allo stipendio base incidono appena per il 12%, con gli altri comparti (come la presidenza del Consiglio dei ministri) dove invece si sfiora il 50%. Ma incentivare le voci accessorie nella scuola, soprattutto per i docenti, non è cosa facile”.
“Complessivamente, a fine anno gli insegnanti italiani sono fermi a 29mila euro lordi, ad inizio carriera guadagnano meno di 1.300 euro e alle superiori possono arrivare, prima della pensione, a 1.900 euro”. Non è proprio uno stipendio da nababbi.
“Tra l’altro – continua Giuliani – i docenti hanno grosse responsabilità, anche queste non commisurate alla retribuzione. Il gap rispetto all’estero è notevole”.
“A questo, va aggiunta la richiesta sempre più alta di contributi per andare in pensione, che rispetto ad una decina di anni fa per le donne, le quali nella scuola costituiscono l’81% del personale, si è innalzata di dieci. Quindi, si sta andando verso i 67 anni di età come soglia oppure i 42 di contributi. Considerando lo stress derivante dalla professione e le patologie che ne derivano, francamente è una decisione incomprensibile”. Se non per la salvaguardia dei conti dello Stato. Ma poi non diciamo che la scuola è una priorità.
Non dobbiamo nemmeno meravigliarci, hanno fatto notare dalla redazione di Radio Cusano Campus, se la sempre maggiore presenza di insegnanti avanti con l’età si traduce in minori energie profuse per la formazione dei giovani: a 25 anni, si hanno energie diverse rispetto a 55-60. Rispetto ad un mondo che va veloce e occorre una certa elasticità mentale, è più facile, anche per gestire le nuove tecnologie, farlo con insegnanti giovani.
Si è dunque parlato di docenti più “produttivi”: la scuola “è più avanti degli altri comparti, ma dal bonus annuale, assegnato dal comitato di valutazione non dobbiamo aspettarci chissà cosa, visto che lo scorso anno è stato assegnato solo ad un insegnante su tre, con importi medi individuali attorno ai 700-800 euro, ovvero 30-35 euro netti al mese”.
Durante la puntata si è anche parlato della richiesta da parte del Mef di cifre consistenti, fino a 12mila euro, ai dirigenti scolastici del Veneto, pagati molto meno di colleghi di altri comparti; del preside di Marsala che ad aprile dovrà subire un processo, per mancata applicazione delle norme sulla sicurezza, con ben 10 capi d’imputazione da cui si dovrà difendere; del trentennale dell’Erasmus e dell’incredibile storia del ragazzo afgano Alì, raccontata alla Tecnica della Scuola.
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