Sono giorni importanti per il futuro di decine di migliaia di docenti precari della scuola pubblica.
Mentre in Parlamento, le commissioni stanno prendendo indicazioni e spunti per migliorare la delega su formazione iniziale e reclutamento, sale l’apprensione da parte dei tanti docenti rimasti bloccati nella seconda e terza fascia della graduatoria d’istituto.
Per loro il Governo ha progettato, proprio attraverso la legge delega, una fase transitoria. A descriverla, il 21 febbraio, è stato il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, parlando nella sala del Mappamondo di Palazzo Montecitorio, sulle linee programmatiche del Miur: “gli abilitati entreranno in ruolo con un esame orale, mentre i non abilitati con 36 mesi di servizio, entreranno in ruolo dopo un concorso semplificato e faranno un tirocinio ridotto rispetto ai nuovi laureati”, ha detto il responsabile del Miur.
Il ministro ha anche assicurato che un numero consistente di precari delle GaE verranno immessi in ruolo, grazie ai 400 milioni di finanziamento previsti con la Legge di Stabilità 2017 proprio per trasformare i posti dall’organico di fatto a quello di diritto.
Le immissioni in ruolo aggiuntive, grazie a questa operazione, dovrebbero variare tra le 12mila (versione del Mef) e le 24mila (in base ai conti del Miur). Poi, ci sono i posti del turn over, più quelli avanzati lo scorso anno. Tutto il contingente che ne uscirà fuori, andrà, come sempre, per metà agli insegnanti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento (dove sono rimasti circa 45mila docenti). Mentre l’altra metà sulle graduatorie di merito (non molte migliaia).
Secondo Maddalena Gissi, leader Cisl Scuola va apprezzato “l’impegno, dichiarato dalla ministra Fedeli alle Commissioni Istruzione di Camera e Senato, per consolidare quanto più possibile i posti oggi funzionanti in organico di fatto, così da far crescere le possibilità di assunzione dalle GAE e dai concorsi”.
È una “direzione di marcia giusta, che apre a concreti e positivi risultati, ma – mette in guardia Gissi – non del tutto risolutiva. Va infatti affrontato e risolto anche il problema dei tanti precari, diverse migliaia, che coprono posti vacanti per l’intero anno, pur non essendo inseriti in graduatorie concorsuali. Persone senza le quali la scuola non potrebbe funzionare; sarebbe incomprensibile e ingiustificabile non tenerne conto mentre si ragiona, finalmente, di stabilizzazione dei precari della Pa”.
Solo che la revisione del testo unico del pubblico impiego, in base alla quale si prevede l’assorbimento dei dipendenti pubblici che hanno svolto 36 mesi di servizio anche non continuativi negli ultimi 8 anni, non riguarda la Scuola.
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Agli abilitati di seconda fascia d’istituto, continua Gissi, “non si può lasciare, come unica prospettiva, il divieto di lavorare previsto dalla 107 dopo trentasei mesi di contratto a tempo determinato. Crediamo che qualche risposta possa e debba essere data anche con la delega sul reclutamento attualmente all’esame delle Camere, non limitandosi a ridisegnare percorsi e procedure concorsuali”.
Inoltre, “ancorché riguardi solo la scuola secondaria, è chiaro che la questione non può rimanere circoscritta solo a quell’ambito, il problema tocca tutti gli ordini e gradi di scuola”.
Il problema, inoltre, non riguarda solo per l’area docenti: “la stabilizzazione del lavoro è in realtà un obiettivo da assumere in termini generali, quindi le stesse ragioni devono valere per i tanti precari dell’area ATA, anch’essi sotto la spada di Damocle dei trentasei mesi previsti con la “Buona Scuola”, grazie alla quale le sanzioni per l’abuso di lavoro precario finiscono assurdamente per colpire il lavoratore anziché il datore di lavoro”, conclude Gissi.
In difesa dei docenti e Ata precari si pone anche l’Anief, che rivendica 100mila assunzioni per i primi (anche dalla seconda fascia delle graduatorie d’istituto) e 35mila per collaboratori scolastici, amministrativi e tecnici.
Per quanto riguarda i primi, i docenti abilitati fuori dalle GeE, “bisogna prevedere l’utilizzo di tutte le graduatorie di Merito non esaurite e l’inserimento dei candidati risultati idonei al termine del concorso a cattedra”.
“Occorre – incalza l’Anief – anche utilizzare il doppio canale di reclutamento, andando ad assumere gli abilitati delle graduatorie d’istituto: dalla seconda fascia, in particolare, bisognerà attingere in tutti quei casi di graduatorie a esaurimento prive di candidati, come accade da tempo in Lombardia per matematica nella scuola media e nel Lazio per sostegno alle superiori. Per la terza fascia d’istituto l’amministrazione farebbe bene ad assorbire i laureati, sempre laddove le classi di concorso risultino prive di precari nelle GaE e in seconda fascia d’istituto”, attraverso “un corso annuale, al termine del quale l’aspirante docente consegue l’abilitazione all’insegnamento in vista dell’assunzione”.
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