Continua l’attenzione dei sindacati sulla questione del precariato.
E’ di poche ore fa un comunicato di Cisl Scuola con cui la segretaria nazionale Maddalena Gissi si augura che “il Consiglio dei Ministri recuperi la dovuta attenzione al problema del reclutamento dei docenti, oggetto di un’intesa tra Sindacati e MIUR che andrebbe attuata quanto prima”.
“Più volte – sostiene Gissi – abbiamo richiamato la necessità di azioni volte a dare più stabilità al lavoro nella scuola, in presenza di un’area di precarietà che costituisce un punto di debolezza per l’intero sistema, un’emergenza da affrontare e risolvere in tempi brevi, per arrestare un trend in continuo aumento dei contratti a termine”.
Il fatto è – aggiunge la Cisl – che i numeri sono in continuo aumento: lo scorso anno non si sono potuti coprire 30.000 posti per mancanza di aspiranti, ora i posti vacanti sono diventai oltre 64.000.
“Se non si interviene subito – denuncia Maddalena Gissi – si riproporrà, chissà per quanto ancora, il consueto scenario, fatto di ricorso abnorme al lavoro precario (si sfiorano i 200.000), una condizione che fra l’altro mina alla radice quella continuità didattica spesso invocata a parole e compromessa nei fatti”.
La segretaria della Cisl Scuola rivendica anche il fatto che sotto il profilo qualitativo l’operazione di stabilizzazione dei precari risulti persino più efficace di qualsiasi procedura concorsuale: “Non si vede perché l’esperienza pluriennale di lavoro, per la quale l’intesa individua una consistenza minima di 36 mesi, non possa essere un requisito significativo di formazione sul campo, che potrebbe anche essere una modalità di verifica dei requisiti professionali molto più efficace e attendibile di quanto possano esserlo le prove di un concorso. Così come lo saranno i percorsi abilitanti che prevedono numerosi esami di livello universitario”.Senza considerare – conclude Gissi – che “va posto fine immediatamente alla consuetudine per cui si accetta senza battere ciglio che un docente insegni precariamente per anni, solo perché costa un po’ meno del lavoro stabile, salvo considerarlo un potenziale incapace nel momento in cui si profila una sua stabilizzazione”.
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