Concorsi

Docenti religione, j’accuse dei sindacati ai vescovi: contenti di un concorso che dimentica 10 mila precari

Ha rinfocolato le polemiche l’intervento conciliante dei vescovi sul concorso per l’insegnamento della religione cattolica, derivato dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto scuola della legge n. 159 del 20 dicembre 2019

La presa di posizione della Cei sul concorso, che ha detto di apprezzare “lo sforzo per raggiungere un traguardo desiderato da più di 15 anni” e di volere “collaborare all’elaborazione del Bando di concorso in dialogo con il Ministero dell’Istruzione e con i Sindacati”, era del resto molto attesa.

La diatriba

La nota dei vescovi è arrivata, tra l’altro, dopo che per settimane i raggruppamenti politici non se le sono certo mandate a dire: in particolare l’on. Gabriele Toccafondi (Idv), tra i più fervidi promotori degli emendamenti approvati, e il senatore leghista Mario Pittoni, che nel decreto iniziale di agosto aveva previsto un concorso riservato mentre ora, sostiene, “è mancata la volontà politica di chiudere un’operazione di semplice buonsenso”.

In una lettera inviata sempre al direttore di Avvenire, in risposta all’intervento di Toccafondi, sempre il senatore Pittoni spiega che la procedura riservata “avrebbe rappresentato un’apertura all’opposizione evidentemente valutata non opportuna. Altro che riservato impossibile! Con l’emendamento Toccafondi – prosegue Pittoni -, il decreto Scuola nega ai precari di religione quanto ottenuto dai colleghi abilitati di secondaria (FIT transitorio 2018) e primaria/infanzia (Concorso straordinario 2018). Solo per loro (pur in possesso di idoneità dell’Ordinario) è previsto un concorso doppiamente selettivo, che impone il superamento di una prova scritta e una orale, di fatto disconoscendo il valore abilitante dell’idoneità ecclesiastica”.

Anche lo Snadir ha voluto replicare a Toccafondi, soffermandosi sulla “delusione degli insegnanti di religione nel non essere presa in considerazione la loro condizione di precari, alla pari di quella dei docenti di altre discipline. Essi pur non sottraendosi alla prova concorsuale, si aspettavano che anche la loro condizione di insegnanti in servizio da decenni – su cattedre disponibili in organico di diritto – fosse valutata come la “straordinarietà” del caso avrebbe dovuto suggerire. È comprensibile che l’art.1-bis della legge 159/2019 sia apparso loro una norma discriminatoria“.

Lo stesso Snadir, di recente, aveva inviato una lettera pubblica, densa di critiche per la soluzione adottata, al presidente della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, monsignor Mariano Crociata, e ai componenti della commissione episcopale scuola della Cei.

E ora che i vescovi hanno preso posizione, lo Snadir replica: “come si può essere soddisfatti di una legge iniqua, discriminatoria e banale che invece di aprire le porte per la stipula di contratti a tempo indeterminato potrebbe, al contrario, determinare l’uscita dalla scuola di docenti che sull’insegnamento hanno costruito la loro vita professionale e il loro progetto familiare?”, chiede pubblicamente il primo sindacato dei docenti di religione cattolica.

Lo Snadir: perché tutti quei no?

“La Cei – continua polemicamente lo Snadir – dice di aver seguito con attenzione lo svolgimento del dibattito parlamentare, perché allora rimanere in silenzio di fronte alle legittime richieste delle diverse associazioni sindacali che si sono fatte interpreti del disagio di migliaia di precari?”.

Secondo l’organizzazione guidata da Orazio Ruscica, il concorso ordinario, con la metà dei posti riservati, rimane insoddisfacente e motivo di preoccupazione: “è stato detto di no ad una procedura straordinaria, garantita invece dalla medesima legge ai docenti di altre discipline ed è stata esclusa l’ipotesi di una graduatoria ad esaurimento (concesso lo scorrimento solo temporaneo della graduatoria del 2004)”.

Quindi, conclude lo Snadir, “se alle parole non seguiranno i fatti, agli insegnanti di religione rimarranno solo promesse. La prova dei fatti l’avremo nel momento della stesura del bando di concorso, da attuarsi previa intesa con la Cei”.

Troppi supplenti

Il coinvolgimento dei vescovi nella stesura del bando è, del resto, previsto dal dl 159, dove si spiega che il concorso dovrà essere bandito “entro l’anno 2020, previa intesa con il Presidente della Conferenza episcopale italiana (…) per la copertura dei posti per l’insegnamento della religione cattolica che si prevede siano vacanti e disponibili negli anni scolastici dal 2020/2021 al 2022/2023.

Il problema è che in tre anni ad essere coperti saranno meno di 6 mila posti. Mentre un numero maggiore, superiore anche al 30% dell’organico fissato dalla legge, continuerà ad essere assegnato con le supplenze: tutte gestite sempre direttamente dalla Cei.

Intanto, anche l’Anief insiste nel chiedere una procedura riservata e rilancia: i 3 mila idonei del concorso del 2004, mai assunti in questi dieci anni, hanno diritto alla retrodatazione giuridica.

Alessandro Giuliani

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