La scuola è il perno della società? Una volta era così. Oggi non più. Anzi: la scuola, oggi, è il peso della società, ciò di cui si può benissimo fare a meno, verrebbe da dire dopo le ultime settimane di violenza che hanno visto docenti, presidi e bidelli aggrediti dagli alunni. Ma ancor peggio dai loro genitori.
Ci è stata segnalata una storia, risalente a poche settimane fa, che non solo si aggiunge agli episodi di violenza appena accennati, ma che sintetizza lo stato attuale in cui versa la scuola come istituzione, che piange le conseguenze di una società diventata troppo disgregata e che non valorizza più l’istruzione e i suoi lavoratori.
Considerando il tema delicato, non forniremo un preciso riferimento geografico del luogo dove è avvenuta la vicenda. Né tanto meno forniremo riferimenti anagrafici dei protagonisti, allo scopo di tutelarli contro eventuali ritorsioni, che purtroppo, non sono esclusi.
In una scuola siciliana collocata in un quartiere a rischio, una giovane maestra elementare è stata aggredita dal genitore di un alunno. Il motivo? L’alunno è stato rimproverato dalla docente in classe, durante la lezione. La donna, secondo quanto riferito, è stata spintonata e sbattuta più volte contro la parete, riportando alcune lesioni importanti.
Sul posto sono intervenuti i Carabinieri a cui la docente si è rivolta per la denuncia nei confronti del proprio aggressore. La maestra, trasportata sul momento al pronto soccorso, si trova attualmente in infortunio e racconta il suo stato d’animo, chiaramente turbato: “Vorrei tornare a scuola, ma ho paura. Ho paura di ritorsioni. Sto pensando anche di cambiare plesso, ma è una scelta difficile.”
Fin qui, oltre all’inaccettabile gesto divenuto (purtroppo) frequente, niente di nuovo. Tuttavia, come accennato in precedenza, la scuola teatro dell’aggressione si trova in all’interno di un quartiere a rischio della città. Una scuola che ha visto più volte, in passato, episodi simili di violenza, proprio a causa di una posizione non certo vantaggiosa. Un quartiere dove delinquenza, ma anche e soprattutto disoccupazione e forte disagio, regnano indisturbati da decenni. “Non è la prima volta. Io lavoro qui da poco tempo, continua la docente, ma i colleghi mi hanno raccontato di essere stati minacciati di morte addirittura. Una scuola abbandonata a sé stessa, dove i bambini fanno attività motoria in aula, perché non c’è cortile o palestra. Noi docenti ci sentiamo abbandonati. Lasciati soli”.
Anche il dirigente scolastico dell’istituto ha commentato amaramente l’episodio, sottolineando proprio le difficoltà che incontra ogni giorno per mandare avanti la scuola e il senso di abbandono a cui fa riferimento l’insegnante aggredita: “Lo Stato italiano non tutela la scuola. Sta fallendo, perché non riesce a tutelare l’unico istituto di formazione dedito a formare il rapporto con gli altri”. Sull’accaduto, il dirigente conferma quanto riferito dalla docente, evidenziando però un aspetto: “Condanno quanto è accaduto. I docenti, che sono pagati male e non hanno più considerazione nella società, non possono trovarsi in pericolo quando si trovano a lavoro. È inaccettabile tutto ciò. Tuttavia, il problema è molto più serio, perché in questo quartiere dimenticato da Dio, c’è disoccupazione, delinquenza, precarietà ma soprattutto disperazione. Si tratta di una scuola a rischio a tutti gli effetti”.
A proposito di area a rischio: l’istituto in questione attinge ai fondi destinati proprio alle scuole collocate in territori a rischio. Fondi utilizzati per laboratori, iniziative e attività che riguardano da vicino gli abitanti del quartiere, ma che non possono certo bastare per contrastare i disagi del tessuto sociale all’interno del quale si trova la scuola.
A parere di chi scrive sarebbe il caso che si facciano avanti gli enti locali, il comune e la Regione, perché non possono essere dei fondi destinati a laboratori di recupero a risolvere il problema delle periferie degradate e isolate.
La solitudine dell’area a rischio vede la scuola come l’ultimo baluardo per riemergere, ma se questa non viene coadiuvata dai soggetti politici e istituzionali, qualsiasi iniziativa sarà inutile e a rimetterci saranno sempre i lavoratori della scuola, che pagano in prima persona gli effetti dell’abbandono.
Forse, riprendendo quanto scritto da questa testata in precedenza, dovremmo incominciare a chiederci se ai docenti non debba essere riconosciuta una sorta di “indennità di rischio”, soprattutto se operano in territori dove il disagio sociale è più evidente.
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