La scuola di solito dorme. Si sveglia come un orso inferocito solo in due casi: stipendi e orario di lavoro.
Il ministro Valditara ha lanciato un ballon d’essai: differenziamo gli stipendi legandoli al costo della vita e, magari, ci facciamo aiutare dai privati. Il Ministro ha detto una grande sciocchezza. Il coro delle proteste è stato altrettanto sciocco: ritornano le gabbie salariali, si vuole spaccare l’Italia emarginando il Sud, il salario uguale per tutti non si tocca etc. I docenti hanno gridato e rivendicato stipendi europei. E perché non dare stipendi europei anche ai medici ospedalieri, agli infermieri, ai poliziotti, agli operai, agli impiegati privati ai ministeriali, ai presidi, al personale amministrativo della scuola, ai docenti universitari? E si potrebbe continuare all’infinito. In Italia hanno stipendi europei e, a volte, li superano solo i magistrati, i dirigenti della pubblica amministrazione e i dirigenti delle aziende private.
Ora, la differenziazione a scuola degli stipendi è un argomento serio. Un ministro, Luigi Berlinguer nel 2000 aveva tentato, con l’accordo dei maggiori sindacati della scuola, una differenziazione per merito degli stipendi. La rivolta dei docenti fu veemente. Il Ministro perse la poltrona.
Ma perché non differenziare? Chi conosce bene le cose scolastiche sa che i giorni di scuola sono 200, distribuiti in 33 settimane per 6 giorni. Calcolati in 5 giorni, i docenti lavorano in un anno 165 giorni. Volendo aggiungere altri 10 giorni tra esami (ma non tutti i docenti fanno esami) e scrutini, andiamo a 175 giorni. I docenti sono liberi dal lavoro per 190 giorni. Ora vediamo l’orario settimanale: ore frontali d’insegnamento 18 (scuola secondaria), 22 (scuola primaria), 25 (scuola dell’infanzia). Tutti i docenti hanno inoltre altre 80 ore annuali di non insegnamento che distribuiti nelle 33 settimane fanno circa 2 ore settimanali da aggiungere a quelle d’insegnamento. Risultato: i docenti lavorano nei 165 giorni a seconda dei settori scolastici: 20, 24, 27 ore alla settimana. Durante l’anno restano sempre liberi per 190 giorni tra vacanze estive, ferie, festività lunghe, giorni liberi, ponti etc.
A questo punto l’affermazione è doverosa: in Italia, e anche in Europa, nel sistema dei lavori pubblici e privati non esiste un part time così ben retribuito. Di fronte a questa solare evidenza interviene il solito docente che parla di lavoro nascosto, sommerso (la correzione dei compiti, la preparazione delle lezioni etc). Litania che si ripete da 70 anni. A parte che non tutti correggono compiti e preparano lezioni, a parte che il lavoro intellettuale casalingo con la digitalizzazione e le continue innovazioni è aumentato per tanti lavoratori impegnati per 40 e più ore settimanali, ma volendo calcolare in media altre 2/3 ore settimanali, le cose non cambiano e resta sempre il privilegio del part time.
La rivendicazione degli stipendi europei sarebbe più onesta se si rivendicassero anche orari europei. Da uno studio comparato sugli orari di lavoro contrattualizzati dei docenti di scuola secondaria si ricava: Italia 674 ore (18×33+80); Francia 1365 ore (I docenti francesi hanno stipendi un po’ più alti di quelli italiani); Spagna 1230/1537 ore; Finlandia 1650/1950 ore; Austria 1520 ore; Regno Unito 1265 ore e cosi via. Conclusione: gli orari di lavoro dei docenti europei sono il doppio e a volte il triplo di quelli italiani.
Ma allora si può differenziare? Certo che si può. Seguendo tre criteri: responsabilità, intensità e più lavoro. La scuola italiana, soprattutto a partire dalla scuola media, ha alcune forti ed evidenti debolezze: molti, troppi alunni dai 13 ai 15 anni hanno apprendimenti pericolosamente scadenti nei saperi di base, i saperi della cittadinanza attiva e cognitiva (Italiano, Inglese, Matematica, informatica, scienze); molti, troppi alunni hanno apprendimenti scadenti nei cosiddetti saperi STEM (Matematica, fisica, informatica, tecnologia, science).
Nei saperi STEM sono scadenti anche i docenti che vengono bocciati ai concorsi. Poi, ci sono le scuole periferiche, molto difficili, di alcune città metropolitane impegnate nella gestione di forti processi di immigrazione e di rilevante svantaggio e disagio socio-economico-culturale. In tutti questi casi il Ministero può prevedere uno stock di docenti impegnati almeno per 30 ore settimanali e che possano, per tutti i bisogni formativi differenziati, progettare e attuare percorsi d’insegnamento/apprendimento laboratoriali, individualizzati, personalizzati, a piccoli gruppi. Solo così, e non per tutti i docenti, si può richiedere una maggiorazione di stipendi contrattualizzati a livello nazionale, eliminando tutte le mance che cadono a pioggia e che faticosamente devono essere gestite nella contrattazione sindacale d’istituto.
Questa è la vera differenziazione, senza Nord e Sud. Questo è il vero merito. Questa è la vera risposta seria ad una complessità crescente, sia didattico-formativa, sia progettuale-gestionale che è entrata nella scuola italiana ed europea negli ultimi 40 anni. Non puoi gestire la complessità con il modello vecchio e semplice della scuola gentiliana: orari uguali per tutti, mancanza di figure intermedie di sistema etc. Il carrozzone della scuola con il suo milione e più di operatori è impantanato da troppo tempo. E rimarrà impantanato sempre di più se non si destruttura, se non si riorganizza profondamente per affrontare la complessità.
Ma si può stare certi, non accadrà nulla né oggi né domani. I Ministri continueranno a giocare con i ballon d’essai, i sindacati continueranno a sgonfiarli. Si avrà il solito contratto uguale per tutti e con i soliti aumenti per anzianità, unico merito riconosciuto ai docenti.
Tino Maglia
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