Prima delle Costituzioni liberali, si chiamava “ragione di Stato”.
L’interesse dello Stato veniva prima di tutto, mentre la “ragione civile” era limitata alle “cose private”.
Insomma mano libera ai governanti.
Nel 1948 anche l’Italia si è data una Costituzione liberale, dove i diritti individuali sono sacri ed inviolabili.
La libertà di circolazione è un diritto fondamentale anche a livello europeo, cardine dell’Unione. Ma l’emergenza Covid 19 ha travolto tutto, facendo passare come “necessarie per il bene pubblico” ogni genere di restrizioni.
Così anche il “green pass”, introdotto in Italia dal 6 agosto 2021 per una lunga serie di attività ha finito col “derogare” pesantemente ai principi della Costituzione in nome dell’emergenza sanitaria.
L’articolo 16 della Costituzione consente delle limitazioni alla libertà di circolazione, purché stabilite dalla legge “per motivi di sanità o di sicurezza”. Ci vuole dunque una legge (o un decreto legge), ma anche una adeguata e documentata “motivazione”.
Su questo punto invece il DL del 23 luglio 2021, che proroga lo stato di emergenza fino al 31 dicembre (ed è la sesta proroga!), sembra piuttosto generico: “L’attuale contesto di rischio impone la prosecuzione delle iniziative di carattere straordinario e urgente intraprese al fine di fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettività”.
Le limitazioni tuttavia sono pesanti e prolungate nel tempo, pur in presenza di un quadro epidemiologico ben diverso rispetto al 2020.
Merito del vaccino, ci dicono. Per cui tutti vadano a vaccinarsi. Per chi dirige la politica e la sanità è un atto necessario. Essendo però il vaccino non obbligatorio (ci vorrebbe una legge, quindi è complicato), ecco che la ragion di stato impone l’obbligo surrettiziamente. Puoi circolare solo col green pass. Oppure stai a casa. Una specie di ricatto.
Tralasciamo le considerazioni sull’efficacia sanitaria del green pass, che vedremo nei prossimi mesi. Sappiamo però che i soggetti “immunizzati” possono comunque essere contagiosi e contagiati, per cui potrebbe passare il messaggio sbagliato di abbassare la guardia. Lo stesso ministro Bianchi ha collegato il vaccino al “giù la mascherina a scuola”, ma è stato subito smentito dai suoi stessi esperti.
Tralasciamo anche l’aspetto della campagna mediatica, tutta polarizzata su buoni-coscienziosi e cattivi-irresponsabili-untori (e molto peggio!).
Quello che colpisce è che, ormai, chi governa può esercitare metodi da “ragion di Stato” ancora dopo due anni e sei proroghe dello stato di emergenza. Sono pochissime le voci autorevoli che hanno messo in guardia dai possibili pericoli per la vita democratica, subito emarginate dal mainstream dominante.
Così il filosofo Massimo Cacciari ha sottolineato per primo l’ “inconsapevole leggerezza” con cui la misura del green pass sta portando alla “discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B”.
“Un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica”. Il filosofo osserva acutamente che in realtà “Tutti sono minacciati da pratiche discriminatorie. Paradossalmente, quelli abilitati dal green pass più ancora dei non vaccinati dal momento che tutti i loro movimenti verrebbero controllati e mai si potrebbe venire a sapere come e da chi”.
Non si capisce perché il vaccino per il personale scolastico non sia stato reso obbligatorio per legge, come per i medici, se è considerato scientificamente necessario alla ripresa della scuola con continuità.
Si è scelto invece di “costringere” tutto il personale a vaccinarsi, oppure a fare un tampone praticamente ogni 48 ore (e neppure quelli salivari, più facili e accettabili), pena la sospensione dal servizio senza stipendio.
Di “mostruosità giuridica” scrive Franco Corbelli, presidente del Movimento dei diritti Civili: “É qualcosa di orribile e aberrante questo provvedimento punitivo contro il personale del mondo della scuola che liberamente ha deciso di non vaccinarsi”, come riporta un articolo della nostra testata. Cobelli si fa promotore, visto che non lo fa il sindacato, “di una mobilitazione e una grande pacifica manifestazione per denunciare lo sdegno e la rabbia e per chiedere di revocare subito questo provvedimento punitivo, di eliminare l’obbligo del tampone ogni 48 ore, di trovare soluzioni alternative democratiche, rispettose della dignità della persona”.
Anche Vitalba Azzollini, giurista, in un editoriale molto analitico sul giornale Domani, spiega chiaramente che l’obbligo di green pass per chi quotidianamente va al lavoro rappresenta un obbligo vaccinale surrettizio e distorto: “Disporre l’obbligo di green pass per un lavoratore, cioè per una persona che quotidianamente deve accedere al luogo ove svolge la propria attività, non è come chiedere il pass per entrare saltuariamente in teatri o ristoranti: significa imporgli in via surrettizia un obbligo vaccinale”. perché allora non il vaccino obbligatorio per legge? “Forse il governo ha scelto la soluzione più rapida – il green pass – dato che le scuole riapriranno tra poco più di un mese”. Insomma la ragion di stato ha dettato legge.
C’è da chiedersi però perché questo abbia potuto accadere solo in Italia. E, per di più, con una stampa schierata coralmente a favore del decreto, pronta a colpevolizzare i docenti che finora, liberamente e legalmente, avevano scelto di non vaccinarsi, addossando a loro la responsabilità di un eventuale ritorno alla Dad, anche questa a sua volta indicata, con fuorviante faciloneria, come unica colpevole dei disastrosi dati Invalsi.
Si vuole incrementare la percentuale di vaccinati? Già adesso i dati, benché non ancora confermati ufficialmente, riportano un’incidenza di circa l’85%. In più i docenti, come tutti gli altri cittadini, sono soggetti all’obbligo-ricatto del green pass per tutte le attività ludiche, ricreative, culturali sportive e i viaggi, introdotto allo scopo principale di spronare alla vaccinazione di massa. Non bastava? Non sarebbe stato più coerente con i principi costituzionali e più dignitoso verso questa categoria di lavoratori introdurre l’obbligo per legge?
Purtroppo questa categoria di lavoratori è da sempre considerata calpestabile dalla politica, delegittimata dalle famiglie, svalutata dall’opinione pubblica. Ma, a questo punto, qualche colpa ce l’ha anche lo stesso corpo docente, soggetto a divisioni interne sul piano didattico, frammentato dal punto di vista sindacale, troppo propenso per quieto vivere ad accettare o subire ogni genere di imposizioni.
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