A scuola si ripetono i programmi più volte su più cicli, mentre i temi più vicini ai giovani, come la felicità e i sentimenti, non si toccano mai: per Antonio Polito, giornalista ed editorialista del Corriere della Sera, anche questo contribuisce a far salire l’ansia tra i ragazzi, assieme a metodi e sistemi di valutazione adottati ormai “inconciliabili con le generazioni digitali”. Intervistato dalla Tecnica della Scuola, a margine della presentazione a Roma del libro di Gianna Fregonara e Orsola Riva ‘Non sparate sulla scuola’, Polito ha ricordato che il calo delle nascite porterà sempre meno risorse alle scuole, proprio adesso che hanno problemi sofisticati da affrontare. Secondo Polito, in conclusione, negli istituti scolastici servirebbero più autonomia e libertà di insegnamento.
Che scuola abbiamo oggi?
Intanto abbiamo una scuola con meno studenti e sempre meno saranno a causa della carestia delle culle e della crisi demografica: questo è un problema che cambierà la scuola in maniera radicale. La nostra scuola è frequentata da giovani che hanno più ansie dei precedenti, alcune sono indotte dai comportamenti degli adulti e dalla società che hanno intorno; altre sono prodotte forse dalla scuola stessa, la quale continua a praticare metodi, programmi e sistemi di valutazione abbastanza inconciliabili con le generazioni digitali. L’inconciliabilità è con le generazioni che non hanno solo la tecnologia dalla loro, ma hanno anche una cultura e forme di apprendimento e di conoscenza completamente nuove. Quindi, quella di oggi è una scuola più in difficoltà, perché ha meno risorse e man mano che si ridurranno gli studenti saranno ancora meno. E poi ha problemi molto più sofisticati da risolvere.
Quali potrebbero essere le soluzioni, anche a buon mercato visto che i soldi non ci sono?
Se oggi apriamo un dibattito pubblico i risultati si vedranno tra vent’anni, perché ormai parliamo di qualcosa che è come un enorme bastimento: per cambiare rotta ci vuole tempo. Comunque. dentro la scuola c’è il volontariato, l’interesse, la passione, la dedizione di molti. Il libro ‘Non sparate sulla scuola’ dice giustamente che la scuola alla fine è l’unico posto d’Italia dove ogni mattina arrivano nove milioni di persone dai 3 ai 67 anni e in maniera organizzata. E funziona. Quindi, la potenzialità è enorme, anche la ricostruzione di un senso comune nazionale ha bisogno come caposaldo della scuola e dell’educazione. Quando è nata l’Italia unita, la prima cosa di cui ha avuto bisogno è stata la scuola, per formare il nuovo italiano. Oggi forse c’è bisogno di un salto di qualità di quel genere lì: siamo di fronte a un passaggio d’epoca, è la fine di un’epoca. Purtroppo molti genitori, ma anche molti professori, sono con la testa immersa ancora nell’epoca precedente. E con i nostri figli ci capiamo poco.
Ma questi docenti italiani sono preparati? Si è detto che non sono sempre adeguati, non sempre preparati e soprattutto prendono degli stipendi veramente bassi.
Ma guardi, io se dovessi dire come ho visto gli insegnanti nella mia esperienza da genitore, le risponderei che sono sballottati: sono sballottati dalle direttive ministeriali, dalle mode culturali del momento, dalle competenze, dalla quantità alta di burocrazia che arranca per adeguare la scuola ai tempi nuovi. Forse si lascia poco spazio anche libertà e autonomia: pensi ai programmi scolastici. L’ex premier Giuliano Amato giustamente oggi ha chiesto perché dobbiamo fare il programma di Storia tre volte in un corso scolastico, perché gli insegnanti non possono avere la libertà nelle loro scuole, insieme con i genitori, di sperimentare programmi diversi. E soprattutto perché non parliamo ai giovani delle cose che gli interessano di più: la loro vita, i loro sentimenti, la capacità di relazione, la felicità. Si parla a scuola mai di felicità? Io credo che questo sia il problema, secondo me il personale scolastico italiano è in grado di partecipare ad un grande rinnovamento ma non sarà mai una cosa che parte dall’alto con la solita riforma.
Potremmo concludere con uno slogan: più autonomia, meno burocrazia, svecchiamo la scuola.
Sì, sono d’accordo. Però serve anche più libertà di insegnamento.
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