I docenti fuori sede spendono oltre la metà dello stipendio per affitto, utenze e spese casalinghe (alimentare, igiene, ecc.). Se si aggiungono, per chi può, i viaggi per tornare a casa nel corso dell’anno, almeno per le feste “comandate” e le ferie estive, i numeri crescono in maniera vertiginosa. A dimostrarlo sono i risultati della ricerca condotta dalla “Tecnica della Scuola” sugli insegnanti che lavorano lontano dal proprio territorio d’origine: sono i tanti, che con le assunzioni della Buona Scuola si sono moltiplicati, trasferiti quasi sempre dal Sud Italia al Centro-Nord. Sia per un’assunzione a tempo indeterminato, sia per un contratto di supplenza fino al termine delle attività didattiche.
La ricerca ha preso in considerazione i docenti del Sud trasferiti al Nord Italia, per lavorare come insegnati di ruolo o come supplenti.
In base a quanto dichiarato dagli insegnanti chiamati in causa, facendo una sintesi delle esperienze prese in esame, è bene sottolineare che hanno risposto in maggioranza docenti della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, riportando delle medie di spesa mensile, che sono state rapportate alla media forfettaria di uno stipendio oscillante fra 1.200 e 1.400 euro.
Le cifre raccolte non hanno certamente la pretesa di essere universali, sia per la quantità non elevata di docenti che hanno raccontato la propria esperienza, ma soprattutto perché esistono delle “voci” di spesa che spesso possono essere soggettive e peculiari dei soggetti intervistati.
Si è tenuto conto, certamente, delle differenze fra docenti con famiglia al seguito e docenti che hanno lasciato mogli, mariti e figli a casa. Così come fra docenti assunti a tempo indeterminato e supplenti con contratto fino al 30 giugno o al 31 agosto dell’anno successivo.
Pertanto, la ricerca in questione vuole fornire un quadro generale, una stima di quanto possa incidere economicamente la vita del lavoratore fuori sede.
Quello che emerge dai racconti degli intervistati, non è certo una novità: nelle grandi città i costi sono esorbitanti, ragion per cui, in base al campione intervistato, nella maggioranza dei casi si sceglie di condividere la casa con altri inquilini, oppure studenti o altri colleghi nella stessa situazione lavorativa.
In questo caso, una stima forfettaria indica come in un anno, abitando in una camera singola, sommando le utenze, le spese casalinghe, i viaggi per tornare a casa e costi vari come abbonamenti ai mezzi pubblici o benzina (molto raro che si utilizzi l’automobile in grandi centri), si arriva a spendere una cifra fra le 10 e le 11 mila euro. Facendo riferimento allo stipendio medio calcolato, che varia fra le 15mila e le 16mila euro, in un anno si può arrivare a spendere oltre il 70% dello stipendio per vivere. Quindi circa 900 euro.
Se invece in una grande città si volesse andare ad abitare da soli in monolocale o bilocale, il totale arriva a circa 14mila euro, soluzione quindi molto più dispendiosa. Non a caso, difficilmente, come abbiamo già evidenziato, viene presa in considerazione.
Complessivamente, e anche questa non è certo una scoperta, nei centri piccoli o nei paesi si spende meno, tant’è che gli intervistati hanno raccontato di poter scegliere più facilmente l’appartamento autonomo, monolocale o bilocale, arrivando a spendere al massimo 11 mila euro in un anno, comprensivi delle voci di spesa riportate in precedenza.
Va detto però, che potrebbero aumentare leggermente i costi nel caso in cui la sede di lavoro si trovi in una grande città, ma si scelga di abitare in periferia o in un piccolo centro non lontano. Portiamo l’esempio di un docente che lavora a Roma, ma decide di abitare a Pomezia, perché gli affitti sono più bassi. In questo caso, però, si evidenzia un aumento dei costi per i trasporti quotidiani, specie se si decide di spostarsi in auto.
Nella tabella riassuntiva in calce, sono riportati i costi medi per singola persona, ovvero senza famiglia al seguito.
Alla luce di quanto emerso dalle esperienze riportate, in caso di assunzione in grandi centri, le famiglie rimangono al Sud. E in questo caso, il docente sceglie la camera singola e di conseguenza di aumentare i viaggi di ritorno durante l’anno. O in alternativa, “spostare” tutta la famiglia in un piccolo centro nei pressi della città in cui si lavora.
Chi viene assunto nei piccoli centri, invece, se ne avesse la possibilità, può pensare di trasferirsi con la famiglia aggiungendo qualche centinaio di euro in più all’affitto e alla spesa quotidiana. In questo caso, diverrebbe complicato tornare da parenti e amici al Sud con una certa frequenza, dato che i costi di trasporto lieviterebbero in modo considerevole.
Una voce che “buca” le tasche dei docenti fuori sede è costituita dalle spese per i viaggi di ritorno a casa, che, specie nei periodi di Natale, Pasqua e ferie estive, per chi si sposta con l’aereo (la maggior parte), diventano insostenibili.
Come riportato nella tabella di sintesi, mediamente, chi si sposta con l’aereo spende in un anno dai 1.000 ai 1.500 euro. È vero, fanno notare molti, che prenotando con diversi mesi di anticipo i prezzi sono più bassi, ma c’è da dire che non sempre è possibile prenotare molto tempo prima (ad esempio nel caso dei supplenti che devono presentarsi con molta celerità); ma, soprattutto, ormai anche prenotando con largo anticipo, i prezzi dei voli in corrispondenza dei grandi ritorni a casa, come Natale e Pasqua, restano comunque molto alti.
A titolo di esempio, un volo andata e ritorno Torino – Catania dal 24 dicembre al 4 gennaio, prenotato 3-4 mesi prima può costare anche 400 euro!
Il materiale didattico per le maestre elementari e la casa di proprietà al Sud
Fra i vari intervistati, sia chi ha portato al Nord la famiglia, sia chi l’ha lasciata al Sud, c’è chi fa notare che l’assunzione fuori regione non interrompe le spese di mutuo per le case di proprietà, oppure la tassa sulla seconda casa (che sarebbe la prima, di proprietà) nel caso di cambio di residenza. Sono costi non indifferenti, che alleggeriscono ulteriormente il portafogli.
Inoltre, le maestre elementari lamentano anche che, fra i vari costi mensili, si devono aggiungere quelli relativi al materiale didattico per i propri alunni, quindi fotocopie, cancelleria, oggettistica, ecc.., che incidono anche quelli sulla spesa mensile.
In conclusione, possiamo affermare, in base alle esperienze descritte dagli intervistati, che un docente fuori sede, con uno stipendio medio di 1.200/1.300 euro mensilo, arriva a spendere più della metà dello stipendio fra affitto, utenze, spesa e spostamenti.
Queste cifre aumentano nel caso in cui si viva in una grande città, dove la maggior parte degli intervistati riferisce di abitare in appartamenti condivisi in camera singola, per contenere i costi.
Invece, chi viene trasferito in un piccolo centro del Nord, può riuscire a permettersi un appartamento autonomo, in monolocale o bilocale, oppure con una spesa leggermente superiore, avendo la possibilità, può portare con sé la famiglia.
Queste cifre vengono incrementate dagli spostamenti per tornare al Sud per le feste o nelle ferie estive, periodi in cui si può arrivare a spendere, in aereo, fino a 1.500 euro in un solo anno.
Il triste episodio di un vero e proprio raid puntivo, organizzato da una trentina di…
Sabato 16 novembre 2024 è tornata, per il 28° anno consecutivo, la Colletta Alimentare organizzata…
Sento in televisione che l'industria cerca tecnici ed operai specializzati ... senza trovarli! Allora non…
Un insegnante deve creare un ambiente inclusivo, stabilire regole chiare, motivare gli studenti e mantenere…
Il corso avanzato per docenti su GeoGebra online è un'opportunità unica per padroneggiare uno strumento…
Non solo i docenti sono spesso (e da molti anni) aspramente criticati da parte degli…