Continua a fare discutere l’ipotesi di modifica della norma contrattuale che conferisce all’Ufficio scolastico regionale la gestione dei procedimenti disciplinari del personale docente: nei giorni scorsi, in occasione dell’avvio della sequenza contrattuale agganciata al Ccnl 2019/21 firmato lo scorso 18 gennaio, l’Aran ha ribadito ai sindacati la volontà di volere dare la possibilità ai dirigenti scolastici di irrogare sanzioni fino a 10 giorni. I rappresentanti dei lavoratori hanno espresso tutta la loro contrarietà.
E adesso spiegano i motivi all’Ansa. “La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione – ha detto Elvira Serafini, segretaria generale dello Snals – deve restare materia dell’Ufficio dei Procedimenti Disciplinari presso gli Uffici scolastici regionali, corrispondentemente a quanto accade negli altri settori pubblici dove le sanzioni più gravi sono di competenza di organi esterni e superiori. La competenza disciplinare del dirigente scolastico deve essere limitata solo alla violazione degli obblighi di ufficio e non deve essere esercitata per fare rilievi sulle attività di insegnamento e educative. Diventa semmai necessario individuare un Organismo di Garanzia per la tutela dei principi costituzionali relativi alla libertà di insegnamento”.
Per lo Snals, “non è accettabile che confluiscano nello stesso soggetto (il preside) più poteri: accertare i fatti, raccogliere le testimonianze, avviare il procedimento disciplinare formulando i capi di accusa, sentire le varie parti coinvolte all’interno del contraddittorio e, all’esito dello stesso, irrogare la sanzione ovvero archiviare il procedimento”.
Sarebbe l’unico caso nella Pubblica amministrazione, sostiene Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil: se dovesse passare la proposta dell’Aran, ha detto all’Ansa la leader Flc-Cgil, si andrebbe a creare “una evidente disparità di trattamento rispetto a tutto il restante personale della Pubblica Amministrazione dove le infrazioni punibili con la sanzione della sospensione fino a 10 giorni sono di competenza dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari (Upd) che nel caso della scuola dovrebbe corrispondere all’Ufficio Scolastico Regionale: è infatti necessario – ha spiegato Fracassi – specie per le sanzioni più gravi, che sia garantita la terzietà del giudizio disciplinare, prevedendo il giusto distanziamento tra l’organo giudicante e il luogo di lavoro in cui opera il dipendente”.
A complicare la linea di difesa dei sindacati c’è un dato di fatto, quello che esiste già una normativa che prevede quanto adesso chiede di applicare l’Aran per via contrattuale: si tratta del cosiddetto decreto Brunetta, il d.lgs. n. 150 del 2009, poi confermato dal d.lgs. 75 Madia del 2017. Fin quando non sarà modificata la norma, per la Flc Cgil “non sarà possibile regolare questa materia per via contrattuale consentendo un peggioramento del sistema sanzionatorio del personale docente. Inoltre, per i docenti si pone l’ulteriore esigenza di tutelare la libertà di insegnamento come previsto dalla Costituzione. Occorre pertanto prevedere un apposito organismo di garanzia che tuteli i docenti nei confronti di azioni disciplinari che non dovessero limitarsi ad accertare le condotte antidoverose ma dovessero interferire anche nell’autonoma attività didattica compromettendo l’esercizio della libertà di insegnamento come testimoniato anche da diversi casi che hanno assunto rilevanza nazionale”, conclude la leader dei lavoratori della Conoscenza Cgil.
Anche l’Anief si oppone all’idea di dare potere sanzionatorio al dirigente scolastico: il sindacato fa notare che il combinato disposto di varie norme succedutesi nel tempo ha fatto sì che ad oggi i dirigenti scolastici possano irrogare al personale docente esclusivamente le sanzioni del richiamo scritto e della censura, mentre quelle di grado superiore (dalla sospensione al licenziamento) sono rimaste in capo all’Ufficio Procedimenti Disciplinari attivo presso ogni direzione scolastica regionale.
“Riteniamo che l’attuale assetto – ha detto Marco Giordano, segretario generale Anief – risponda già pienamente all’esigenza di comporre la garanzia della libertà di insegnamento con la necessità di perseguire, ove si verifichino, le violazioni del codice disciplinare da parte del personale docente”.
Anche per l’Anief “è pertanto necessario far sì che sia sempre un organo terzo, e non il dirigente scolastico, a decidere l’eventuale irrogazione dei provvedimenti più gravi, come nel caso della sospensione dal servizio”.
“Tanto più se consideriamo – ha concluso Giordano – che in questi anni le modifiche normative hanno via via previsto deroghe importanti in favore dei dirigenti che, rispetto al recente passato, sono adesso soggetti a vincoli e termini meno rigidi nello svolgimento dei procedimenti disciplinari e che troppo spesso questi ultimi sono avviati sulla base di segnalazioni di studenti o famiglie senza essere preceduti – come invece dovrebbe accadere – da un’accurata e approfondita istruttoria preliminare del dirigente scolastico”.
Chi, invece, è d’accordo con la parte pubblica sono gli stessi presidi. “Nessuno vuole sanzionare gli insegnanti, ma se non fanno il loro dovere è bene che il dirigente scolastico possa intervenire”, ha detto qualche settimana fa alla Tecnica della Scuola Antonello Giannelli, subito dopo essere stato confermato presidente nazionale Anp per i prossimi quattro anni.
Rispetto alla volontà dell’Aran, Giannelli ha detto che “si tratta di ratificare quello che con il decreto Brunetta prima, più di dieci anni fa, e poi il decreto Madia, hanno specificato e sancito: il potere, appunto, affidato ai dirigenti scolastici di sanzionare i docenti fino a 10 giorni di sospensione”.
https://7983b25aae2c5b5eb32965fa2a7b1a0f.safeframe.googlesyndication.com/safeframe/1-0-40/html/container.html Secondo il numero uno dell’Anp, “nessun dirigente vuole sospendere nessuno, ma se non si interviene” quando si supere il limite imposto delle regole, “allora si dà un pessimo esempio verso chi fa il proprio dovere“.
“Ora – ha concluso il leader dell’Anp – , poiché la magistratura del lavoro ha detto più volte che la norma non è sufficiente, e che quindi serve un passaggio contrattuale, l’Aran sta appunto cercando di portare in porto la richiesta dei magistrati”.
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