Essere stati assegnati su un posto di potenziamento è considerato, da molti docenti, a torto o a ragione, come una punizione e un vero e proprio demansionamento.
In buona sostanza l’assegnazione del docente da parte del dirigente scolastico su posto di potenziamento è vissuto come un atto di dequalificazione dell’insegnante a cui è stata tolta l’opportunità della didattica frontale nelle classi, per svolgere mansioni inferiori rispetto a quelle dovute per contratto.
Nelle scuole dove quest’anno ha fatto il suo debutto l’organico dell’autonomia, essere assegnati su posto di potenziamento può sembrare quasi, fatta eccezione per il ruolo di vicario, essere ospitati in un refugium peccatorum.
Secondo questa interpretazione, non corretta, il potenziamento visto come un luogo di assegnazione per coloro che non sanno insegnare, che non hanno buone capacità relazionali con gli studenti o che per qualsiasi motivo devono essere puniti per i loro comportamenti.
Questo è quello che si dice all’interno delle scuole, quello che si legge in molti sfoghi sulla rete. Ma cosa è in realtà il posto di potenziamento?
E’ bene sapere che chi viene assegnato al potenziamento non viene degradato. Nè subisce un ripiego, né alcun demansionamento. Forse è necessario ricordare che il comma 5 dell’art.1 della legge 107/2015 specifica che i docenti dell’organico dell’autonomia concorrono tutti, parimenti e allo stesso modo, alla realizzazione del piano triennale dell’offerta formativa con attività di insegnamento, di potenziamento, di sostegno, di organizzazione, di progettazione e di coordinamento.
Quindi essere assegnato su un posto di potenziamento non significa essere un docente di serie B e non si corre il rischio di perdere il proprio profilo giuridico di insegnante. Tuttavia è necessario evidenziare che in alcune scuole la differenza tra assegnazione su posto cattedra frontale e posto di potenziamento è vista come la divisione tra professori di serie A e quelli di serie B.
Alcuni docenti sostengono addirittura che esistono dirigenti scolastici che hanno utilizzato l’assegnazione su posti di potenziamento come atto punitivo per qualche docente non incline ad allinearsi al volere del “capo”.
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