Ormai non si contano più i gruppi whatsapp tra docenti, tra docenti e alunni, tra docenti e genitori, di soli genitori e chi più ne ha… Sono spesso strumenti utili per veicolare importanti informazioni in tempi rapidi, altre volte diventano bar di paese dove a circolare sono pettegolezzi, insinuazioni, giudizi estemporanei, interventi di natura didattica da parte di improvvisati “docenti” senza laurea né abilitazione all’insegnamento. Insomma, il solito discorso: lo strumento tecnologico è utilissimo ma talvolta l’uso che se fa non è lodevole. In Italia sono intervenuti un po’ tutti sull’argomento social sì o social no a scuola, dai dirigenti ai ministri, dai sociologi ai diretti interessati, alunni e docenti. Naturalmente, il vento non si può fermare e tutte le circolari con relativi divieti sono destinati a restare lettera morta.
Anche in Francia la polemica sui social non si è esaurita, anzi, se possibile, si è ultimamente intensificata. Da quando stanno entrando in massa nelle scuole delle applicazioni ufficiali – si chiamano Klassly, TouteMonAnnée, Scolnet e altre ancora ne esistono – concepite anche per consentire agli insegnanti di interagire in tempo reale con le famiglie dei loro alunni, raccontando momenti significativi della giornata, postando foto e video di attività in classe o di gite, viaggi, visite guidate. Per il momento se ne fa il massimo uso alla scuola elementare, ogni genitore ha il suo account personale e può così seguire il suo pargolo minuto per minuto.
Come riferisce il quotidiano Le Monde, la diffusione di queste applicazioni – accelerata dalla pandemia – ha, come è ovvio, aspetti positivi e negativi. Se, infatti, da un lato agevola la trasmissione delle informazioni e favorisce il diffondersi di un clima di convivialità tra docenti, alunni e genitori, dall’altro c’è il (forte) rischio di un’intrusione, di un’invadenza da parte dei genitori nella vita scolastica dei propri figli che potrebbe compromettere il rapporto docenti-alunni-famiglie. Soprattutto se la tendenza all’invasione di campo si trasforma in vera e propria ingerenza da parte nei genitori nelle scelte didattiche dei professori, dalla programmazione delle attività alla valutazione degli apprendimenti.
Certo ci rendiamo conto che tessere le lodi del passato e del buon tempo che fu non è mai un’operazione intellettualmente corretta, perché alla fine, per dirla con Guido Gozzano, “il meglio d’altri tempi non era che la nostra giovinezza”. Ci appiattiremmo, dunque, su una sterile nostalgia di un vagheggiato Eldorado che non c’è più e forse non c’è mai stato. Tuttavia, occorrerebbe che le famiglie dessero fiducia alla scuola e ai suoi docenti, lasciando molti più margini di autonomia ai loro figli che – in questo modo – di certo ne ricaverebbero benefici in termini di autostima, maturazione e capacità di confrontarsi da soli con i problemi della vita.
Ascolta subito la nuova puntata della rubrica “La meraviglia delle scoperte” tenuta da Dario De Santis dal titolo: “I Simpson, nel…
"Servirebbero più risorse per la scuola pubblica e per l'istruzione per garantire il diritto al…
I compiti a casa sono il momento del consolidamento e della rielaborazione delle conoscenze, e dell'esercitazione…
È partito il 21 scorso alle 15,10 da Torino Porta Nuova il "Sicilia Express", il…
Una aspirante partecipante al concorso ordinario PNRR 2024 della scuola primaria e infanzia, ci chiede…
Il 19 dicembre 2024 segna un passo decisivo per l’organizzazione del concorso docenti. Con una…