Giunto in questi giorni, al docente italiano vecchio, povero e sottoproletario non resta che attendere la fine di novembre per illudersi che la propria tredicesima, unita allo stipendio di dicembre, sia l’unica mensilità degna di una parvenza di salario adeguato al costo della vita e a quella libertà economica che dovrebbe rendergli una dignità concreta, un decoro, una tanto attesa, seppur immaginaria, autonomia.
Immaginaria perché riferita ad un solo mese, uno su dodici, l’unico mese in cui può spingersi oltre le solite restrizioni. Purtroppo, però, quest’anno tutti gli insegnanti devono mandare giù un bel boccone amaro: il confronto con lo stipendio di dicembre 2023.
Già, perché illusi di trovarsi una tredicesima paragonabile a quella dello scorso anno, si rendono conto che piuttosto sarà di circa il 30% in meno, magari giustificata dal mancato anticipo dell’aumento relativo al rinnovo del CCNL, presente solo nel cedolino dello scorso anno, ma nello stesso tempo assolutamente ingiustificata perché illogica se riferita al dicembre 2020, in quanto ancora ferma a quella data.
Come se noi docenti vivessimo in una Nazione che non abbia dovuto fare i conti con gli aumenti post Covid e post conflitto Russia-Ucraina, con una inflazione che solo nel 2022 ha superato l’8% e nel 2023 un ulteriore 6%.
Il problema però, a mio parere, non è realmente compreso da questa classe di lavoratori, il cui solo 2-3% conosce quanto scritto sul proprio contratto. Vi chiederete e cosa c’entra questo con l’indecoroso stipendio dei docenti?
A mio avviso ha a che fare eccome! Perché i docenti si rifugiano nei sindacati e i sindacati negli ultimi 30 anni non hanno fatto altro che accontentare per il 90% i vari governi che si sono susseguiti nel tempo e per il solo 10% noi insegnanti, con aumenti ridicoli, indecenti e bonus ancora più grotteschi.
E a dirla tutta, io non mi sento soddisfatto nemmeno allo 0,1%.
Ma questa è un’altra storia. Tante iscrizioni ai sindacati da parte dei docenti e il solo motivo è la mera compilazione di domande di trasferimento o di assegnazione provvisoria, o di altre richieste similari, che non di rado risultano addirittura errate e nulle, a discapito delle proprie vite lavorative.
A questo e solo questo servono i sindacati? Sarebbe il caso, forse, di essere maggiormente informati sui propri diritti, sul proprio contratto nazionale? È giusto allora restare iscritti, avere le tessere, se i nostri interessi non sono assolutamente tutelati?
Che poi io sono fermamente convinto che gli interessi di un insegnante siano gli interessi del collettivo Scuola, dell’intera società, perché l’insegnante educa le generazioni a venire e non può certamente farlo se non ha gli strumenti adatti, come il rispetto per sé stessi, una giusta dignità che porti ad una reale autonomia e libertà. Cosa fare allora?
Probabilmente non ci si rende conto che abbiamo in mano il potere di bloccare la Nazione intera. Per iniziare a destare l’attenzione di chi crede che siamo assopiti e dormienti, bastano 5 giorni di sciopero, ovvero 1 settimana intera, quanto serve per fermare l’Italia tutta! E se non fosse sufficiente si prosegue ad oltranza. Certo si rinuncerebbe tutti a circa 300 euro di stipendio, ma per raggiungere, insieme, dei reali e concreti obiettivi.
Cinque giorni di protesta pacifica organizzata davanti ai principali palazzi governativi. E attenzione a verificare che le festività non godute, come domenica 8 dicembre 2024, vengano regolarmente retribuite in busta paga con una quota pari a 1/26 esimo dello stipendio, se così non fosse avanzerei l’ipotesi di reclamare la trattenuta di uno di questi cinque giorni di sciopero a compenso con l’eventuale pagamento della festività non goduta. Ad ogni modo, URGE un’azione collettiva pacifica, forte e significativa,
URGE proclamare uno sciopero attraverso una nuova “coalizione occasionale” di insegnanti e lavoratori della scuola, anche nel dissenso dei sindacati. Serve davvero, altrimenti non ci rimane che subire e meritare tutto questo.Lancio questo invito nella speranza che possa risvegliare le coscienze e che sia da stimolo per questa categoria di lavoratori continuamente bistrattata.
Rosario Melissa