L’assemblea dei docenti autoconvocati dell’I.T.T.S. “G. Mazzotti” di Treviso, riuniti in assemblea per discutere della proposta della “Buona scuola”, esprime totale dissenso per ciò che si configura come un disegno atto a promuovere un’idea di “scuola-azienda” alternativa al concetto di “scuola per l’uguaglianza” così come concepita dalla nostra Carta Costituzionale. I docenti respingono il piano scuola proposto dal governo per i seguenti motivi:
1. “Dare al paese una Buona Scuola…”, “All’Italia serve una Buona Scuola”… Il presupposto è che la scuola NON SIA BUONA. Il documento del governo parte dallo stesso “errore” di tutti i governi che lo hanno preceduto, che in realtà non è un errore, ma l’ulteriore tentativo di smantellare la scuola pubblica, fondamentale conquista democratica, e di regalarla agli speculatori privati. La Buona Scuola c’era e c’è, bisogna metterla in condizione di migliorare ancora; per farlo ci vogliono le risorse. Il documento del governo non prevede finanziamenti e dichiara esplicitamente che le risorse pubbliche non saranno sufficienti, che occorrerà attingere a finanziamenti privati, mettendo la scuola alla mercé di chi paga.
2. L’aumento dei poteri del dirigente scolastico scardina i principi della democrazia scolastica fondata sul pluralismo e sulla libertà d’insegnamento, ponendo il personale in un rapporto di sudditanza. Infatti, con il Registro Nazionale dei Docenti, si attribuisce al Dirigente scolastico la facoltà di assumere nominativamente gli insegnanti, vanificando in tal modo graduatorie e concorsi ed esponendo la scuola a pericolosi meccanismi di nepotismo e clientelismo.
3. Il piano “La buona scuola” interviene su una serie di materie che sono oggi oggetto del CCNL o della Contrattazione Nazionale di II livello: progressioni stipendiali, mobilità del personale della scuola a livello regionale o locale, attribuzione incarichi aggiuntivi.
4. L’abolizione degli scatti di anzianità, previsti in tutti i contratti e l’accesso alle progressioni per il solo 66% del personale è penalizzante e mortificante per la totalità dei docenti; discutibile in quanto stabilisce a monte una soglia di meritevoli e una percentuale di personale che sarà esclusa da qualsiasi progressione di stipendio; problematica quanto all’individuazione di criteri di definizione di tale “merito”.
5. Nel documento è appena accennata la creazione di una non ben definita “banca ore” volta a realizzare, è scritto, un potenziamento dell’attività didattica. In essa verrebbero “depositate” ‹‹le ore che ciascun docente “guadagna” (e che così “restituirà” alla scuola) nelle giornate di sospensione didattica deliberate ad inizio anno dal Consiglio d’istituto nell’ambito della propria autonomia››. La banca ore si traduce quindi inevitabilmente nella la famigerata pretesa di imporre ai docenti, senza alcun incremento di retribuzione, un orario di servizio oltre le attuali ore di insegnamento (le 36 ore settimanali a stipendio ridotto di cui si parlava l’estate scorsa).
6. La competizione tra docenti prefigura una competizione tra gli istituti per attingere alle scarse risorse pubbliche, come già avviene nel caso degli Usa e del Regno Unito, con ricadute fortemente negative per la didattica e per la stessa funzione sociale della scuola e che, come avviene negli USA, attraverso lo strumento delle prove standardizzate, porta inevitabilmente alla chiusura di scuole pubbliche ed a licenziamenti in massa degli insegnanti;
7. La proposta di riforma interviene in senso peggiorativo – come il vecchio DDL Aprea-Ghizzoni – sugli organi collegiali, riducendo il ruolo dei lavoratori e rafforzando quello del Dirigente Scolastico e dei soggetti privati, di cui è previsto l’ingresso anche nel Nucleo di Valutazione.
8. L’equiparazione della scuola pubblica con la scuola privata, in nome di un distorto concetto di pluralismo, contravviene ad un chiaro dettame costituzionale ed al principio di uguaglianza a cui la scuola pubblica s’ispira, a differenza della scuola privata.
9. Nel documento si fa uso strumentale e propagandistico del piano di assunzione dei precari, ai quali non viene altro che doverosamente riconosciuto un diritto maturato negli anni dal lavoro svolto nella scuola, diritto alla stabilizzazione peraltro già previsto dalla legge finanziaria del 2007 e imposto dall’Unione Europea.
10. Lascia perplessi/e, inoltre, l’assenza nel documento di governo di un qualsiasi riferimento al personale ATA, agli studenti e alle studentesse e alle loro famiglie come componente integrante, attiva e partecipe della vita scolastica. L’assemblea dei lavoratori esprime quindi la propria contrarietà a questi rilevanti aspetti del Piano della Buona Scuola e ritiene che per rilanciare e riqualificare l’istruzione pubblica statale occorrerebbero risorse economiche aggiuntive, recuperando quelle sottratte in questi ultimi anni dai diversi governi, per riportare la spesa dell’Italia in Istruzione, Formazione e Ricerca ai livelli della media europea.