Quello dello spopolamento delle aree di montagna e della conseguente chiusura delle scuole è un problema tipico delle regioni alpine ma che riguarda anche un po’ tutto il territorio nazionale.
Soprattutto in questi ultimi decenni le aree di montagna hanno perso abitanti a favore dei centri urbani di pianura con conseguenze significative sull’assetto economico, sociale e culturale dell’intero Paese e, almeno fino ad ora, non si sono ancora trovate soluzioni credibili ed efficaci per contrastare il fenomeno.
Ma Mario Pittoni, responsabile federale istruzione della Lega Nord, una proposta ce l’ha ed è esattamente quella illustrata già un mese fa a Piacenza in occasione del tavolo programmatico aperto a tutto il centro-destra.
Afferma Pittoni: “Se calano i nati in montagna, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa degli istituti scolastici presenti, è anche per il progressivo decadimento qualitativo dei servizi nelle aree disagiate, a partire dalla scuola. Chi, dai dirigenti agli insegnanti passando per gli Ata, riceve l’incarico in quei territori, scappa appena possibile”.
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E allora, cosa bisognerebbe fare?
“Servirebbe la continuità – prosegue Pittoni – che garantisce solo chi in quelle realtà è radicato o, quantomeno, ha scelto tale collocazione”.
“Il nostro progetto di scuola – spiega ancora Pittoni – punta al superamento dei trasferimenti più o meno forzosi di docenti da una parte all’altra della Penisola, cui puntualmente segue una battaglia senza esclusione di colpi per riavvicinarsi al territorio dove si hanno affetti e interessi”.
In effetti, con l’entrate in vigore della legge 107 il “valzer delle cattedre” non solo non è sparito ma è persino aumentato: “E’ triplicato – denuncia Pittoni – nel 2016 250mila insegnanti, e cioè quasi un terzo dell’intero corpo docente, hanno cambiato istituto, mettendo in difficoltà 2 milioni e mezzo di studenti. Vi sono realtà dove le famiglie arrivano a minacciare lo spostamento dei figli in altro istituto per i troppi avvicendamenti di docenti”.
Insomma non se ne esce…
“No, una soluzione c’è – chiarisce Pittoni – ed è quella del ‘domicilio professionale’ che consentirà di scegliere in assoluta libertà la regione dove proporsi per l’insegnamento. Il confronto poi sarà a pari condizioni, per cui il candidato orienterà la valutazione di dove concorrere, anche sulla base del proprio grado di preparazione in rapporto alla qualità media degli altri iscritti e dei posti disponibili in quella regione, innescando un meccanismo virtuoso ispirato ai principi del federalismo”.
“Già nella precedente legislatura – rivela Pittoni – avevo incontrato tutti i segretari nazionali dei sindacati del comparto scuola che avevano mostrato di apprezzare la proposta; solo la Flc-Cgil non si erà espressa ma neppure si era dichiarata pregiudizialmente contraria”.
Ma quali condizioni si devono creare per far sì che dai pezzi di carta e dalle parole si passi ai fatti e a provvedimenti concreti?
“La condizione – risponde Pittoni – è che la Lega vada al Governo”.
Il tema sarà certamente all’ordine del giorno a partire dalle prossime settimane e ancora più in autunno quando la campagna elettorale entrerà nel vivo.
essere al governo non a caso
è un progetto sul quale le sigle
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