Secondo una ricerca promossa dalla Fondazione Exodus, che da oltre 25 anni combatte in Italia il fenomeno della dispersione scolastica grazie al progetto Donmilani2, il 63,1% dei ragazzi di età compresa fra i 16 e i 18 anni è a rischio abbandono scolastico. La percentuale rimane alta anche nella fascia d’età fra i 14 e i 16 anni, dove i ragazzi che rischiano di abbandonare i banchi di scuola sono il 49,8%, mentre per gli under 14 si scende al 17,8%.
L’educazione, dunque, dovrebbe essere un sogno condiviso. Dopo aver letto i punti del programma scuola di Renzi, alla fine ne troviamo uno fondamentale, imprenscindibile, che potrebbe avere risvolti positivi anche riguardo ad altre questioni.
La lotta, sacrosanta, alla dispersione scolastica. Non è una cosa da poco, soprattutto nelle regioni del Sud.
Non a caso nell’ultima parte del Documento sulla scuola del governo Renzi, pubblicato nei giorni scorsi, si legge così; “Gli early leaves sono giovani disaffezionati da una scuola che non riesce a tenerli con sé.”
E continua: “Perdiamo troppi ragazzi – a partire già dalla scuola secondaria di primo grado (la “scuola media”) – e nel primo e quarto anno delle “superiori”. Sono giovani che vivono in contesti socio-economici difficili, e sono spesso disaffezionati da una scuola che non riesce a tenerli con sé, e che non offre loro quello che si aspettavano.”
Il problema naturalmente sono i tagli alle risorse che tarpano le ali all’idea di una scuola inclusiva e democratica: “Questo quadro è aggravato dal fatto che la scuola ha perso costantemente risorse negli ultimi anni, in particolare per l’offerta formativa come se, paradossalmente, non si riuscissero a convincere la politica e la società di un fatto evidente: che quello sulla qualità del tempo speso a scuola dai nostri giovani è l’investimento più lungimirante che un Paese possa fare.”
Il documento si sofferma non a caso sulla (vecchia) storia del rilancio degli istituti tecnici e professionali, sul potenziamento dei laboratori attraverso fondi europei Pon, sulla creazione di un sistema duale in alternanza scuola lavoro, che è un vecchio sogno sempre sbandierato e mai attuato.
Forse dovremmo prendere esempio dall’America, dove l’amministrazione Obama ha ordinato agli stati di attuare politiche per avere insegnanti migliori nelle scuole dei quartieri più poveri.
“Se non facciamo nulla, se non affrontiamo il problema, allora inevitabilmente i ragazzi che hanno meno bisogno di aiuto sono quelli che ne hanno di più, e quelli che invece sono più bisognosi hanno meno aiuto a scuola”, ha concluso Barack Obama alla presentazione del piano che prevede lo stanziamento di 4,2 milioni di dollari per aiutare gli stati a invogliare gli insegnanti migliori ad andare nelle scuole più difficili.
Così dovrebbe accadere anche in Italia dove la lotta alla dispersione potrebbe costituire la possibilità di un’inversione di tendenza nelle regioni meridionali. Qui non bisognerebbe guardare al numero di alunni (che si riduce) nella determinazione degli organici, bensì al tipo di alunni, destinando loro risorse e bravi, bravissimi docenti. Per dirla con Don Milani, la scuola deve occuparsi dei ragazzi che perde, sono quelli i suoi veri figli: e al sud ci vogliono più professori e meglio preparati per far fronte a situazioni di degrado sociale e culturale spesso inimmaginabili.
Così i docenti meridionali, invece di emigrare al Nord, con tutti i disagi e le polemiche che ne conseguono, potrebbero dare il loro contributo nella loro terra, per risollevare la parte debole del paese.
Per realizzare tutto ciò sono però necessari fondi. Così dice il piano Renzi: “Occorre passare dagli 11 milioni di euro stanziati nel 2014 a circa 100 milioni di euro all’anno.”
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