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Donne in Italia: più brave a scuola e all’università, ma il mercato del lavoro continua a penalizzarle

Le donne italiane sono più brillanti lungo il percorso formativo rispetto agli uomini ma scontano un forte divario in termini occupazionali, contrattuali e retributivi.

A dirlo sono le ultime indagini AlmaDiploma e AlmaLaurea, la cui lettura dei dati conferma un differenziale a favore dei maschi che non diminuisce con il passare del tempo e permane anche quando le donne intraprendono percorsi disciplinari che offrono maggiori chance occupazionali o dove sono storicamente più presenti.

Eppure le ragazze prevalgono sui ragazzi per i risultati conseguiti a scuola.  Il Rapporto 2016 sul Profilo dei diplomati conferma che, in ambito scolastico, le donne vanno meglio dei maschi fin dalla scuola media inferiore: il 38% delle ragazze contro il 29% dei ragazzi ottiene 9 (su 10) o più. Ed anche alle superiori le femmine raggiungono ancora una volta ottimi risultati: il 91% delle femmine non fa ripetenze contro l’85% dei maschi, il voto medio di diploma è rispettivamente 78,3 su cento per le ragazze contro 75,2 dei ragazzi, il 39% dedica allo studio e ai compiti a casa più di 15 ore settimanali contro il 16% dei maschi.

 

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Inoltre, compiono più esperienze internazionali: il 41% delle femmine contro il 28% dei maschi, in particolare organizzate dalla scuola. Inoltre, il 37% delle ragazze contro il 28% dei ragazzi percorsi formativi linguistici e per questo conseguono anche un maggior numero di attestati, sono maggiormente impegnate in attività di carattere sociale (20% contro il 14%) e nel tempo libero intraprendono più attività culturali.
Sono inoltre maggiormente interessate a proseguire gli studi soprattutto con l’università (75% delle ragazze contro il 61% dei ragazzi).

E anche arrivate all’università, le performance sono più brillanti dei colleghi uomini, sia in termini di regolarità negli studi che di voti. Le laureate inoltre provengono in misura maggiore da contesti famigliari meno favoriti sia dal punto di vista culturale che socio-economico. Così il 26% delle donne ha almeno un genitore laureato contro il 32% dei maschi. Non stupisce quindi che tra le donne, più brave ma provenienti da contesti famigliari più svantaggiati, sia maggiore la percentuale di chi ha usufruito di borse di studio: il 24% contro il 19% dei maschi.

Ma nonostante questi dati, le donne continuano ad essere penalizzate sul mercato del lavoro. Il Rapporto 2016 sulla condizione occupazionale dei laureati mostra che tra i laureati magistrali, a cinque anni dal conseguimento del titolo, le differenze di genere si confermano significative e pari a 10 punti percentuali: lavorano 80 donne e 90 uomini su cento. E a 10 anni dal titolo il lavoro stabile diventa una prerogativa tutta maschile: può contare su un posto sicuro, infatti, il 78% degli occupati e il 67% delle occupate. In particolare, ha un contratto a tempo indeterminato il 48% delle donne rispetto al 58% degli uomini.

Una motivazione può essere legata alle diverse scelte professionali; le donne, infatti, tendono più frequentemente ad inserirsi nel pubblico impiego e nel mondo dell’insegnamento, notoriamente in difficoltà nel garantire, almeno nel breve periodo, una rapida stabilizzazione contrattuale.

Le differenze di genere si confermano anche dal punto di vista retributivo. Tra i laureati magistrali che a cinque anni lavorano a tempo pieno emerge che il differenziale è pari al 20% a favore dei maschi: 1.624 euro contro 1.354 euro delle colleghe.

E il fatto di avere figli è un altro fattore penalizzante: il forte divario in termini occupazionali, contrattuali e retributivi tra maschi e femmine, infatti, aumenta in presenza di figli. Anche nel confronto tra laureate, chi ha figli risulta penalizzata: a cinque anni dal titolo lavora il 79% delle laureate senza prole e il 60% di quelle con figli (un differenziale di 19 punti percentuali).

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Lara La Gatta

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