Sono diverse le indicazioni fornite metà luglio dall’Istat con il Report “Livelli di istruzione e ritorni occupazionali“. Tra queste, ve ne sono due su cui vale la pena soffermarsi: l’utilità della laurea nel trovare un’occupazione e la maggiore propensione delle donne ad acquisire i titoli di studio. Malgrado, questo, però, il sesso femminile rimane decisamente indietro sul fronte del lavoro.
Secondo l’istituto di statistica, aumenta il vantaggio occupazionale della laurea rispetto al diploma: nel 2018 si stima che il differenziale nei tassi di occupazione tra le persone laureate di 25-64 anni e quelle che posseggono al più un titolo secondario inferiore sia di 28,6 punti (29 punti nella media Ue).
Il “premio” dell’istruzione – inteso come maggiore occupabilità al crescere dei livelli di istruzione – è pari a 18,4 punti nel passaggio dal titolo secondario inferiore al titolo secondario superiore e a 10,2 punti nel confronto tra quest’ultimo e il titolo terziario (19,6 e 9,4 punti, i rispettivi valori Ue). Tra il 2014 e il 2018, periodo di ripresa economica, è aumentato il vantaggio occupazionale dei laureati rispetto ai diplomati (+2,2punti) mentre si è ridotto il vantaggio del titolo secondario superiore rispetto a quello inferiore (-1,8 punti).
Il vantaggio occupazionale di un elevato livello di istruzione è decisamente più marcato per la componente femminile, soprattutto in Italia.
Le donne con un titolo secondario superiore hanno un tasso di occupazione di 25 punti maggiore rispetto alle coetanee con basso livello di istruzione (vantaggio doppio rispetto a quello degli uomini), e la differenza tra laurea e diploma è di 16,7 punti (scarto oltre tre volte maggiore di quello maschile).
E l’Italia figura tra i maggiori paesi europei, con la Spagna, che hanno in comune il marcato vantaggio delle donne nei livelli di istruzione.
Nel nostro Paese, le donne almeno diplomate sono il 63,8% contro il 59,7%degli uomini mentre la differenza di genere nella media Ue è meno di un punto percentuale.
Sul fronte del titolo di studio terziario, il vantaggio femminile – evidente anche nella media europea – è comunque più accentuato in Italia: 22,1% e 16,5% le quote femminili e maschili.
I livelli di istruzione femminili sono peraltro aumentati più velocemente nel tempo: in quattro anni si registrano +2,8 punti per le donne almeno diplomate (contro +2,1 punti per gli uomini) e +3,2 punti perle laureate (contro +1,6 punti).
Tuttavia, c’è l’ultimo passaggio che non torna: detto dei maggiori vantaggi occupazionali al crescere del livello di istruzione, tra le donne i tassi di occupazione restano ampiamente inferiori. E anche la percentuale degli stipendi è inferiore, di almeno il 20%. Su questo fronte, comunque, la scuola è un’eccezione visto che i compensi sono gli stessi e la percentuale di donne che fanno “carriera”, diventando preside è in decisa crescita.
Inoltre, tra le donne, la quota di Neet è del 25,4% (21,5% per gli uomini) ma quelle interessate a lavorare sono il 60,8% contro il 78,5% degli uomini. Il miglioramento registrato nell’ultimo quadriennio è più deciso per la componente maschile.
Morale: quando si parla di parità di genere, anche questi aspetti vanno considerati. Anche perché, ricordiamo, le difficoltà nel trovare un’occupazione delle donne deriva anche e soprattutto dalla nascita dei figli: il bene più prezioso dell’essere umano.
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