Il Giorno della Memoria, stando alle indicazioni ministeriali, dovrebbe essere l’occasione per le iniziative scolastiche contro tutte le forme di antisemitismo, tra le quali le Linee Guida sul contrasto all’antisemitismo nella scuola segnalano l’odio verso lo Stato di Israele. Di solito invece il 27 gennaio si assiste a malapena a qualche stanca commemorazione della Shoah, utile come alibi preventivo, mentre durante il resto dell’anno scolastico dilagano disinformazione e pregiudizio, specie di carattere antisionista.
Il 7 ottobre scorso, poi, certo zelo livoroso è esploso in misura incontenibile. Lo stesso Ministero è dovuto intervenire per perseguire alcune delle manifestazioni studentesche di più aperta simpatia per il terrorismo stragista. Ma che dire degli insegnanti?
Molti di loro raccontano che la vittima è diventata carnefice, fa pagare ai palestinesi le colpe naziste, li punisce collettivamente, li fa morire di stenti con l’assedio totale, li massacra indiscriminatamente. Alcuni organizzano pure convegni, intitolati ai “diritti umani” e alla pace”, finalizzati all’Educazione Civica, con sedicenti esperti che si professano obiettivi e autorevoli, salvo poi spacciare anche loro per buone le stesse tesi a senso unico contro Israele.
In genere impiegano, senza alcun rispetto per la semantica prima ancora che per gli oppressi autentici, parole a effetto come “occupazione”, “apartheid”, “pulizia etnica”, “bombardamento a tappeto”, “genocidio”. I più estremisti arrivano a scambiare gli aggressori per partigiani, le cause con l’effetto. Persino la barriera antiterrorismo diventa una crudele prigione a cielo aperto, fonte essa stessa di terrorismo.
A questi docenti occorrerebbe chiedere una giustificazione delle loro affermazioni. Limitiamoci qui, per ragioni di spazio, alle cronache più recenti. Dovrebbero spiegare almeno perché prendono come oro colato la versione di Hamas (circa il numero e lo status dei caduti gazawi, ad esempio, che sarebbero tutti civili) e ignorano invece del tutto quella di Israele (a cominciare dalle cautele per evitare di colpire i civili, a fronte dell’uso di scudi umani e di combattenti irregolari e minorenni dall’altra parte).
Per dire, una settimana fa sul New York Times è uscito l’articolo dal titolo “The Decline of Deaths in Gaza” (leggibile liberamente in Rete). Vi si chiarisce che il bilancio delle vittime civili a Gaza, in assoluto e in rapporto al numero dei combattenti, è tra i più bassi tra le guerre urbane di questo genere che hanno visto impegnate altre democrazie occidentali (non parliamo neppure di quelle condotte da regimi autoritari). E si è ulteriormente dimezzato nel corso dell’ultimo mese.
Qualcuno possiede forse informazioni attendibili in grado di smentire un articolo come questo? Oppure Israele, a differenza di tutti gli altri stati, non ha in ogni caso il diritto di difendersi? E, se questa è la premessa, perché mai?
Andrea Atzeni