Caro ministro Giuseppe Valditara,
La salutano i miei studenti, tutti e novantatré. Me lo hanno detto stamattina, mentre io salutavo loro con la promessa che ci rivedremo, che dirò all’insegnante che prenderà il mio posto di trattarli bene, di essere paziente se ci metteranno un po’ ad abituarsi ad un nuovo metodo di insegnamento visto che siamo ad anno scolastico inoltrato, che sono tutti bravi anche se un po’ vivaci; in fondo sono studenti, lei lo sa come sono questi studenti. Non lo so, lo sa?
La salutano anche i miei genitori, erano già qui quando sono diventata una giovane disoccupata, venuti a trovarmi dalla Sicilia in questo paesino in provincia di Torino, nella casa che ho preso in affitto tre mesi fa, non appena ricevuta la convocazione.
Caro ministro Valditara,
Ho scelto di insegnare Lettere perché mi piacciono proprio tanto le lettere; mi piace metterle in successione una dopo l’altra e dare loro un senso. E poi perché mi piace raccontare storie. Solo che talvolta non basta che le lettere siano in ordine perché abbiano un senso e infatti voglio raccontarle la storia di una successione di lettere che non ha senso proprio per niente. Questa storia si chiama “Posti accantonati”.
Posti accantonati; leggi e pensi subito alle baraccopoli, ai rom, agli accumulatori seriali di Real Time, non fosse che si tratta di una proposta di contratto recapitatami tramite pec dal suo ministero, ministro Valditara, è a uno degli immaginari appena elencati che andrebbe il mio pensiero. Non pensi ad una cattedra, ma a una discarica e tantomeno lì per lì ti viene in mente una convocazione da scuola.
E invece è settembre, il mese in cui gli insegnanti precari stanno aggrappati alle speranze di una supplenza al 30 giugno come le foglie sugli alberi in attesa dell’autunno ed io, malgrado abbia in realtà superato entrambe le prove impossibili di un concorso docenti indetto ormai due anni fa, ma svoltosi solo quest’anno, non sono per questo legittimata a sentirmi meno precaria dei miei colleghi, poiché nella regione da me scelta molti candidati, per ragioni che non ci è dato sapere, non hanno ancora sostenuto l’orale – da me sostenuto a giugno – e quindi non si è ancora provveduto a stilare una graduatoria di merito. A proposito, è questo il merito al quale fa riferimento la nuova denominazione del suo Ministero, ministro Valditara?
Ora Ministro senza badare a quanto la fase centrale della mia storia sia stata esaustiva, anche perché vorrei sperare di fare riferimento a dinamiche e avvenimenti a lei familiari, di termini e fasi stabilite e gestite proprio dal suo Ministero, che può eventualmente approfondire spontaneamente (magari intorno ad un tavolo con altri commensali mentre dei camerieri le servono deliziose portate); dicevo, senza preoccuparmi di aver detto tutto, ma quanto basta, preferisco già avviarmi alla conclusione di questa storia, che coincide anche con la conclusione del mio incarico.
Immagini lei, mentre l’esaltazione per aver superato le prove del concorso di cui sopra va sfumando insieme all’estate e alla possibilità di vedersi riconosciuta fosse anche solo l’abilitazione conseguente al superamento delle stesse, mentre un fantomatico algoritmo che sembrerebbe avere tutte le caratteristiche di un criminale informatico decide di convocare da GPS secondo criteri che a noi, vittime di una misteriosa autorità superiore ed eterea, non è dato sapere. Davanti alle nostre continue contestazioni, infatti, inesattezze dei punteggi riportati e scavallamenti continui da chi era sotto di noi in graduatoria, non facciamo che vederci rispondere che “è l’algoritmo”. Mah.
Immagini che in questo contesto surreale che ci rende incazzati e impotenti venga improvvisamente, come in un’apparizione celestiale, proposto un contratto su materia, cattedra completa fino al 31 di agosto con una sola clausola: quella di abbandonare la stessa qualora fosse pubblicata la graduatoria di merito di un altro concorso ancora – nello specifico lo straordinario bis dello scorso anno – con il nome del collega per il quale quel posto è, per l’appunto, “accantonato”.
Una guerra tra poveri insomma.
Immagini di accettare, perché lavorare malgrado la probabilità di restare disoccupato da un giorno all’altro è comunque meglio di non lavorare affatto. E poi immagini di entrare finalmente in classe all’inizio della scuola e finalmente insegnare, che è quello per il quale ti sbatti da anni, mascherando la stanchezza dovuta alla ricerca di una casa, a pacchi spediti in gran fretta da mamma e papà e che attraversano mezza Italia, dovuta all’ambientarsi in un posto nuovo con nuove persone e nuove abitudini.
E adesso immagini, stamattina, di dover abbandonare tutto.
Sa qual è la prima cosa che ho fatto, ministro Valditara, non appena ho saputo che avevano pubblicato la graduatoria coi nomi dei colleghi che avrebbero giustamente soppiantato noi, supplenti su “posto accantonato”, reclamando la loro legittima cattedra? Ho cercato il nome della collega che subentrerà a me, mi sono complimentata e le ho detto che agevolerò il più possibile il suo inserimento all’interno della scuola che lascio, che la assisterò nella conoscenza dei nostri studenti, che le racconterò chi sono, affinché soprattutto questi ultimi, le vere vittime di un sistema scolastico disordinato che li mette in alcuni casi nelle condizioni di dover cambiare addirittura tre insegnanti alla vigilia della prima pagella, vengano tutelati il più possibile almeno da noi. Per ciò che è nelle nostre possibilità, pilastri portanti e al contempo ultime ruote del sistema scolastico italiano.
Infine volevo salutarla anche io ministro Valditara. Dirle che anche se sono molto arrabbiata, così come lo sono le migliaia di colleghi che hanno subito la stessa mia sorte, vi perdono se avete fatto un casino, perché è lo stesso che raccomando di fare ai miei studenti quando vanno in conflitto col mondo. Voglio anche dirle, però, che è soltanto grazie a loro che nonostante tutto oggi amo ancora insegnare. E che, graduatorie non pubblicate, posti accantonati, supplenze brevi permettendo, io non smetterò di farlo.
Lettera firmata
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