L’Udu (Unione degli Universitari) ha prodotto un dossier contenente un’inchiesta sulla tassazione universitaria.
Nelle sole università statali il gettito complessivo della contribuzione a livello nazionale è passato da circa 1 miliardo e 200 milioni a 1 miliardo e 600 milioni: 400 milioni in più, spillati agli studenti per “coprire” la progressiva diminuzione dei finanziamenti statali per le università.
Il risultato? Intere fasce di popolazione escluse dall’Università.
Nelle sole università statali il gettito complessivo della contribuzione a livello nazionale – si legge nella ricerca – è passato da 1 miliardo e 219 milioni a 1 miliardo e 612 milioni: quasi 400 milioni in più, spillati agli studenti per coprire la progressiva diminuzione dei finanziamenti statali per le università”. A Lecce le tasse sono più che triplicate: più 207,47 per cento in 10 anni, equivalente a 633,86 euro di aumento. Alla Sapienza di Roma la crescita in dieci anni è stata di 702 euro: più 111 per cento. L’aumento alla Statale di Milano ha toccato 510 euro: più 45 per cento.
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Così Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Universitari: “Lo storico dei dati sulla contribuzione studentesca a partire dal 2005 evidenzia un aumento costante della tassa media che negli anni ci ha portato ad essere il paese con la terza tassazione studentesca più alta in Europa. Nel 2005 la tassa media era a livello nazionale era di 775€, dieci anni dopo lo studente paga 1250€ circa. Il dato, se diviso in aree geografiche sottolinea come il Sud abbia subito i maggiori aumenti percentuali con un +90%, mentre il Centro (+56%) e il Nord (+43%) totalizzavano variazioni molto consistenti anche se partivano da una tassazione media già più alta. Al Sud alcuni picchi sono davvero impressionanti: Lecce +207,5%, Bari +172%, Benevento +180%, Seconda Università di Napoli +176%, Reggio Calabria +150%”. Attendiamo di vedere gli effetti della no tax area introdotta nella scorsa legge di bilancio. Una misura sicuramente necessaria, ma la copertura prevista dal 2018 in poi (105 milioni) è solo un quarto del citato aumento del gettito complessivo proveniente dalle tasche degli studenti e delle famiglie. L’obiettivo della gratuità dell’università non è un’utopia, ma la necessità di un Paese che vuole rimettere al centro il proprio sistema l’istruzione e permettere a tutti di continuare gli studi. A tutto ciò chiediamo risposte chiare nella legge di bilancio e lo diremo forte e chiaro nelle piazze il 17 novembre!”.
“Oltre 1 miliardo di euro sottratto all’università a partire dal 2008 ha prodotto: 70mila studenti immatricolati in meno, la chiusura di corsi di studio e di dottorato, la penalizzazione degli atenei più periferici, l’espulsione dei ricercatori precari, il dilagare del numero programmato. E un aumento vertiginoso delle tasse universitarie +474 Euro a studente, che colloca l’Italia tra i Paesi europei con le tasse universitarie più elevate e uno dei sistemi di diritto allo studio meno generosi. Meno università, meno ricerca, meno studenti, e quelli rimasti ancor più di prima selezionati per condizione economica. Ecco il racconto di un salto indietro di 50 anni realizzato in un comodo decennio”. Così Claudia Pratelli responsabile nazionale scuola di Sinistra Italiana.
“Un salto indietro ingiustificato – prosegue Sinistra Italiana – i tagli sono stati, insieme alla riforma Gelmini, cardine di una complessiva strategia di riduzione e trasformazione del sistema universitario e della sua funzione: per pochi non per molti; rivolta agli eccellenti e non a tutti; concentrata nelle aree centrali e disinteressata alle periferie del territorio.
Ne ha fatto le spese il sistema Paese che sconta un numero di laureati ben inferiore alla media europea.
Già troppo tempo è stato perso. Fin da questa legge di Bilancio è necessario un poderoso investimento sul diritto allo studio e sul Fondo di Finanziamento Ordinario dell’Università, ancora oggi in fondo alla lista dei capitoli sui cui investire e per i quali sono previsti stanziamenti ridicoli.
Ma non basta. E’ necessario assumere fino in fondo che l’accesso alle istituzioni della conoscenza è un diritto di cittadinanza e che l’aumento del numero dei laureati è un obiettivo prioritario.”
“Per questo – conclude Pratelli – anche l’Italia, come molti altri paesi europei, dovrebbe andare verso un sistema di gratuità dell’istruzione universitaria. Ne trarrebbe un vantaggio il Paese intero”.
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