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Dossier Legambiente: precario il 15% dei docenti e il 44% di chi fa sostegno

La precarietà del personale scolastico è in ascesa. È il dato che emerge a chiare lettere da un dossier di Legambiente, reso pubblico il 5 dicembre, sugli ultimi otto anni dell’istruzione italiana. Questi i numeri più significativi: diciamo subito che malgrado le assunzioni degli ultimi anni, il 43,80% dei docenti di sostegno è ancora precario (39.428 a fronte di 90.026 complessivi). Non va meglio per la formazione dei docenti di sostegno: la cifra dei fondi a loro destinati, già bassa in partenza, subisce un taglio del 25,14% rispetto all’anno scolastico 2008/2009. In tutte le materie, invece, dal 2002 al 2010 si sono persi 29.302 docenti di ruolo, per arrivare nell’anno scolastico 2008/09 a un 15,66% di precari (130.835) nel corpo docente, di cui ben 110.533 è stato licenziato al termine delle attività didattiche.
E sul fronte degli Ata le cose non vanno meglio: basta dire che dal 72,52% di collaboratori scolastici assunti a tempo indeterminato nell’anno scolastico 2001/02, si è passati nel corrente anno siamo scesi a 60,37%. Ciò significa che oggi quattro bidelli su dieci non sono di ruolo.
Dopo aver ricordato i tagli imposti negli ultimi mesi dalla prima tranche della Finanziaria 2008 (322 istituzioni scolastiche aggregate, 68 piccoli plessi chiusi e 36.218 cattedre in meno), Legambiente rende noto il suo pensiero in merito. “Il precariato – sostiene l’associazione – rappresenta uno svilimento della figura professionale dell’insegnante, sulla quale evidentemente si vuole investire sempre di meno, se si considerano i dati sulla formazione per il corpo docente che lascia sul campo il 27,64% delle risorse rispetto allo scorso anno, l’87,07% in meno rispetto al 2001“.
Secondo i dati forniti da Legambiente s
ono sempre più esigui anche i finanziamenti per il potenziamento dell’autonomia e l’arricchimento del piano dell’offerta formativa, che hanno registrato un calo del 21,66% rispetto allo scorso anno, e sono ormai quasi la metà rispetto ai fondi previsti dalla L.440/97 nell’esercizio finanziario 2001 (- 45,77%).
Detto dei tagli, il dossier si sofferma poi sull’annoso problema dello stato di salute degli edifici scolastici. La scadenza imposta agli enti locali dalla L. 265/99 sulla messa a norma di tutti gli edifici è difficile da rispettare, in mancanza di significative risorse aggiuntive. Tra i quarantaduemila edifici scolastici presenti in Italia, infatti, la maggior parte risale a prima del 1974, anno in cui è entrata in vigore la normativa antisismica, mentre già sappiamo, grazie al Rapporto di Legambiente ‘Ecosistema Scuola’, che più del 38% di questi necessita di interventi di manutenzione urgente. Ma la Finanziaria 2009 ha ridotto di ulteriori 22,8 milioni di euro i 100 milioni previsti per quest’anno dalla Finanziaria 2007 (piano triennale del governo Prodi). Unica nota positiva il via libera del Cipe del 6 marzo 2009 a 1 miliardo di euro da investire per il prossimo triennio per l’edilizia scolastica antisismica, anche se non è avvenuta ancora né una pianificazione degli interventi, né tanto meno un trasferimento di finanziamenti alle amministrazioni locali, così come è stata nuovamente rinviata la conclusione dell’Anagrafe scolastica.
Legambiente fa registrare però che la scarsità di fondi non riguarderebbe le scuole private. Se le statali vedono il segno meno davanti a ogni voce, gli istituti paritarie, invece, registrano un progressivo aumento nei finanziamenti, “ben ampiamente al di sopra di quanto preveda la Legge 62/00 sulla parità scolastica. Dal 2001 ad oggi – sottolinea – i fondi previsti sono passati da 332.079.682 a 561.262.070, prevedendo incentivi e benefit per chi sceglie di mandare i figli alle scuole paritarie”.
Ciò significherebbe che “la dieta imposta alla scuola pubblica non rappresenta evidentemente un progetto finalizzato a un percorso di qualità, ma procede esclusivamente secondo la logica del ‘fare cassa’ – dice Vanessa Pallucchi, responsabile scuola e formazione di Legambiente –  e nonostante il passato abbia insegnato che i tagli così netti e indiscriminati non portino ad un innalzamento della qualità dell’istruzione, ancora oggi ha prevalso una cultura tecnocratica e ragionieristica che vede la scuola solo come un costo, un ramo secco da tagliare“.
Alessandro Giuliani

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