Il rapporto Ocse, Education at Glance 2022, del quale abbiamo riferito più volte, in relazione agli stipendi, alla formazione e alla mole di lavoro di docenti e dirigenti scolastici, riporta anche una disamina sullo sviluppo professionale di carriera.
Lo sviluppo professionale e di carriera (legato anche alla formazione continua) è obbligatorio nella maggior parte dei paesi (30 su 35), ad eccezione di Italia, Danimarca, Paesi Bassi e Nuova Zelanda. Può essere obbligatorio per tutti gli insegnanti, come parte regolare del loro lavoro, o per alcuni insegnanti in modo specifico, per finalità quali promozioni o aumenti salariali.
Va precisato che le attività di sviluppo professionale continuo obbligatorie si riferiscono a quelle svolte da un insegnante pienamente qualificato o da un capo di istituto qualificato, durante un anno scolastico.
Ma che tipo di attività obbligatorie vanno svolte in vista dello sviluppo di carriera? Corsi formali, seminari, conferenze e workshop, formazione online e tutoraggio, supervisione. L’Ocse include anche la collaborazione formalizzata e la partecipazione a reti professionali.
Per quanto riguarda i dirigenti scolastici, in prevalenza sono le autorità educative centrali/statali ad essere coinvolte nelle decisioni relative allo sviluppo professionale continuo obbligatorio dei capi di istituto; mentre nel caso degli insegnanti, le decisioni su quali attività intraprendere, di solito spettano a loro e all’apparato responsabile della gestione della scuola, insomma agli organi collegiali.
Sempre il rapporto Ocse specifica che mentre la formazione iniziale degli insegnanti fornisce le basi per i futuri insegnanti, la formazione professionale continua sostiene gli insegnanti in tutte le fasi della loro carriera.
Per gli insegnanti all’inizio della carriera, aiuta a facilitare la transizione verso la professione di insegnante mentre affrontano varie sfide sul lavoro; per gli insegnanti con esperienza, dà loro un’opportunità di aggiornare, sviluppare e ampliare la propria conoscenza e comprensione dell’insegnamento; per gli insegnanti che diventano dirigenti scolastici, fornisce loro le capacità di gestione e leadership necessarie per il loro ruolo apicale.
Naturalmente lo sviluppo e la formazione professionale continua di insegnanti e capi di istituto va a vantaggio degli studenti: diversi studi infatti confermano che la crescita professionale degli insegnanti è correlata a significativi guadagni di apprendimento per gli studenti.
E non va sottovalutato il fatto che le possibilità di carriera sono anche strumenti fortemente incentivanti per gli insegnanti che, disposti a operare in scuole di frontiera, a fronte di questo ottengono incentivi economici e di sviluppo di carriera.
La crescente diversità degli studenti, la maggiore integrazione di studenti con bisogni speciali e il crescente uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) comporta che i docenti debbano stare al passo con questa evoluzione sistemica. Durante la pandemia di COVID-19, ad esempio, le attività di sviluppo professionale nella tecnologia digitale hanno giocato un ruolo chiave nell’aiutare gli insegnanti ad adattarsi all’ambiente di insegnamento virtuale.
Naturalmente la formazione continua va remunerata. L’Ocse precisa infatti che insegnanti e capi di istituto ricevono più spesso un sostegno (attraverso sussidi finanziari, congedi retribuiti e/o copertura per le lezioni in supplente) per l’aggiornamento professionale obbligatorio, che per quello non obbligatorio.
La tabella sottostante mette in luce in modo chiaro e netto quanto l’Italia sia indietro sul fronte dello sviluppo professionale di carriera, una criticità sulla quale il Governo Draghi, con il ministro Bianchi all’Istruzione, ha iniziato a porre rimedio, sebbene come ultimo (o quasi) intervento della legislatura uscente. Si trova infatti sul Decreto Aiuti bis (già arrivato in Gazzetta Ufficiale settimane fa) il provvedimento che apre la via alla carriera docente, con la figura del cosiddetto docente stabilmente incentivato (ex docente esperto), una norma fortemente voluta dall’Europa come garanzia che i fondi del Pnrr siano investiti nella direzione della crescita del sistema scolastico, con ricadute sugli apprendimenti degli alunni.
Resta da vedere in che direzione lavoreranno i nuovi ministri dell’imminente Governo Meloni, se a favore della trasformazione in legge del provvedimento introdotto con il DL Aiuti bis o se nell’ottica dello smantellamento di quanto fatto fino a oggi da Patrizio Bianchi.
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